BES non 104, non 170, niente PDP
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BES non 104, non 170, niente PDP
E' uscita una nota giovedì scorso, che torna indietro rispetto ai BES non certificati secondo la legge 104 (col sostegno) o secondo la legge 170 (DSA).
http://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Prot.+n.+1143+del+17+maggio+2018.pdf/d1cf5e93-36de-47b7-9014-d7b85eee79d4?version=1.0
In pratica, conseguentemete al decreto attuativo sugli esami di primo grado, per questi studenti si torna indietro a prima della direttiva del 27/12/2012. Non si farà più il PDP, a meno si capisce queso nel quart'ultimo paragrafo.
Ai posteri....
Circo
http://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Prot.+n.+1143+del+17+maggio+2018.pdf/d1cf5e93-36de-47b7-9014-d7b85eee79d4?version=1.0
In pratica, conseguentemete al decreto attuativo sugli esami di primo grado, per questi studenti si torna indietro a prima della direttiva del 27/12/2012. Non si farà più il PDP, a meno si capisce queso nel quart'ultimo paragrafo.
Ai posteri....
Circo
circo- Messaggi : 3740
Data d'iscrizione : 21.09.10
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
E allora a che serve dichiarare il BES, se poi non si prevede nessun intervento concreto formalizzato? Per coerenza, bisognerebbe proprio abolire del tutto la definizione di BES (tranne che per i soliti casi già noti e già normati, con certificazione medica specifica o con alunni che non parlano italiano), ma non è chiaro se la nota indichi questo...
(incidentalmente: alla signora che ha scritto il documento non darei un centesimo come fiducia, ma questo coi BES c'entra poco:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/15/ex-deputata-nominata-dirigente-al-miur-per-la-regione-toscana-non-aveva-i-titoli/1779795/ )
(incidentalmente: alla signora che ha scritto il documento non darei un centesimo come fiducia, ma questo coi BES c'entra poco:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/15/ex-deputata-nominata-dirigente-al-miur-per-la-regione-toscana-non-aveva-i-titoli/1779795/ )
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
Data d'iscrizione : 31.10.17
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Hai pensato di affrontare in modo serio, e con uno bravo (o brava), questa misoginia?Zacinto ha scritto:Notate come ormai ci siano solo più donne in questi ruoli comodi e ben retribuiti? Donne donne donne e ancora donne
arrubiu- Moderatore
- Messaggi : 28333
Data d'iscrizione : 24.10.14
Località : Casteddu70
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
paniscus_2.1 ha scritto:E allora a che serve dichiarare il BES, se poi non si prevede nessun intervento concreto formalizzato? Per coerenza, bisognerebbe proprio abolire del tutto la definizione di BES (
Per come l'ho capita io la nota vorrebbe suggerire che, in buona sostanza, tutti sono BES perché tutti hanno le loro particolarità che meritano attenzione. Di conseguenza, usando gli spazi offerti dall'autonomia, le singole scuole, come sistemi, dovrebbero attivarsi per garantire una didattica personalizzata ed attenta ai bisogni educativi di ognuno, al di la del fatto che tale attenzione sfoci o meno in un documento che, spesso e volentieri, è solo un adempimento formale.
IMHO si tratta di una precisazione giusta. Per come la vedo io era ed è "anomalo" garantire ai BES delle tutele che la legge avrebbe invece assegnato in forma esclusiva ad altri.
C'è poi un'altra osservazione che merita di essere fatta: anche in questa nota come in altre si parla di doveri ed indicazioni a carico delle "scuole autonome". Non a carico dei "docenti". Pare una distinzione sottile ma, se fossimo una categoria capace di difendere le proprie prerogative (come gli ATA), non lo sarebbe.
Lenar_- Messaggi : 78
Data d'iscrizione : 02.11.17
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
A mio parere viene solo ribadito ciò che già era.
I Bes riguardano tutti gli alunni: i certificati (H, Dsa), quelli non certificati ma con diagnosi (altri Bes) e quelli senza diagnosi (di nuovo altri Bes).
Il Pdp è sempre stato obbligatorio solo per Dsa, facoltativo per gli altri Bes, anche in presenza di diagnosi.
Penso che la nota inviti a non esagerare con la documentazione, il più delle volte poco utile, redatta spesso dal consiglio di classe solo per tutelarsi. Meno burocrazia e più didattica inclusiva vera e propria.
I Bes riguardano tutti gli alunni: i certificati (H, Dsa), quelli non certificati ma con diagnosi (altri Bes) e quelli senza diagnosi (di nuovo altri Bes).
Il Pdp è sempre stato obbligatorio solo per Dsa, facoltativo per gli altri Bes, anche in presenza di diagnosi.
Penso che la nota inviti a non esagerare con la documentazione, il più delle volte poco utile, redatta spesso dal consiglio di classe solo per tutelarsi. Meno burocrazia e più didattica inclusiva vera e propria.
Rossana63- Messaggi : 479
Data d'iscrizione : 06.07.11
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Ho solo riportato la mia interpretazione della nota, non ho espresso un parere personale, che è invece il seguente: secondo me non si sta facendo vera inclusione perché, dal momento che essa è difficilissima da realizzare, la tendenza, per quello che ho visto, è piuttosto quella di adattarsi alla presenza degli alunni con Bes abbassando il livello di apprendimento delle classi. Nelle condizioni in cui siamo costretti a lavorare stiamo già facendo l'impossibile.
Rossana63- Messaggi : 479
Data d'iscrizione : 06.07.11
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Rossana63 ha scritto:A mio parere viene solo ribadito ciò che già era.
I Bes riguardano tutti gli alunni: i certificati (H, Dsa), quelli non certificati ma con diagnosi (altri Bes) e quelli senza diagnosi (di nuovo altri Bes).
Il Pdp è sempre stato obbligatorio solo per Dsa, facoltativo per gli altri Bes, anche in presenza di diagnosi.
Penso che la nota inviti a non esagerare con la documentazione, il più delle volte poco utile, redatta spesso dal consiglio di classe solo per tutelarsi. Meno burocrazia e più didattica inclusiva vera e propria.
Credo che tu abbia ragione nell'interpretazione della nota.
Quando però non si faceva pdp per un alunno con BES non era perchè il documento fosse facoltativo e quindi si andava avanti con la personalizzazione e la ricerca/proposta di strategie senza tanti documenti atti solo ad appesantire il carico già gravoso di scartoffie, ma era perchè per quell'alunno si decideva di non fare altro che lo standard. Temo che questa nota, che pur credo fatta a fine completamente diverso, farà il patatrac completo. Non faccio pdp, non so cosa fare, non faccio nulla che tanto va bene.
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Rossana63 ha scritto:Ho solo riportato la mia interpretazione della nota, non ho espresso un parere personale, che è invece il seguente: secondo me non si sta facendo vera inclusione perché, dal momento che essa è difficilissima da realizzare, la tendenza, per quello che ho visto, è piuttosto quella di adattarsi alla presenza degli alunni con Bes abbassando il livello di apprendimento delle classi. Nelle condizioni in cui siamo costretti a lavorare stiamo già facendo l'impossibile.
e dici benissimo. aggiungerei che non è difficilissimo, in molte situazioni è impossibile, perché dovrebbe esserci un docente per ogni alunno bes, per riuscire a dire che è difficile.
Teniamo anche in conto che, specialmente alle medie, entrano a gamba tesa nel merito anche molti genitori, creando spesso e volentieri occasioni di scontro (tra genitori, tra studenti, e tra docenti stessi) piuttosto che il contrario, e pretendendo dai docenti un diverso atteggiamento, meno inclusivo e più discriminante, pretendendo che quelli indietro rimangano indietro e vengano esclusi a favore di chi può andare avanti spedito.
Che poi li si metta a conoscenza che loro poco dovrebbero intromettersi in certe questioni ( lo dico chiaro, perché lo si legga chiaramente che riportare questi episodi non equivalga a dire che li accettiamo senza proteste e senza reazione alcuna) non ci salva dal dover perdere un sacco di tempo in queste questioni, togliendolo alla didattica e da ciò che un tempo a scuola si riusciva a fare, e oggi non si riesce quasi più.
Allora forse anche l'inclusione andrebbe ripensata, visto e considerato che non è perché la scuola debba favorirla e proporla come esempio e modello per la società, questa poi, come per magia, la apprenda e la metta in atto in modo autonomo. Abbiamo tanti esempi del contrario e per tale motivo l'obiettivo sembra ancor più irraggiungibile.
sempreconfusa1- Messaggi : 6338
Data d'iscrizione : 05.08.11
Località : MA COSA E' SUCCESSO AL FORUM??????
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Rossana63 ha scritto:Ho solo riportato la mia interpretazione della nota, non ho espresso un parere personale, che è invece il seguente: secondo me non si sta facendo vera inclusione perché, dal momento che essa è difficilissima da realizzare,
Ma se si avesse il coraggio di prendere atto che possa anche essere davvero impossibile? Ossia, che in alcuni casi, magari non la maggioranza, ma comunque in numero significativo, possa anche non esserci sia inclusione che tenga, anche dopo aver sperimentato più strategie diverse? L'obiettivo dell'inclusione è quello di offrire a tutti l'accesso a determinate opportunità educative, non quello di promuovere tutti e dipomare tutti a qualsiasi costo. E' mai possibile che, ogni volta che l'inclusione non funziona, sia da metetre sul banco degli accusati solo la scuola o il docente che "non ha fatto abbastanza per fare inclusione vera", e mai, ma in assoluto MAI, anche lo studente che non collabora o soprattutto la famiglia che non collabora?
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
Data d'iscrizione : 31.10.17
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Ho partecipato anni fa ad un progetto che ancora non si chiamava di inclusione ma che di fatto lo era. Ha occupato vent'anni della mia vita, i risultati sono stati eccezionali e formativi per me come insegnante. Era però un contesto extra-scolastico, diverse le condizioni. A scuola non si può; siamo al punto che il termine "inclusione" (che a me non piace, mi sembra qualcosa di forzato) non è inteso da tutti allo stesso modo ed è utilizzato a sproposito fino alla nausea. Ci diano i mezzi e sapremo fare miracoli. Così invece si fanno solo danni.
Rossana63- Messaggi : 479
Data d'iscrizione : 06.07.11
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Posso chiederti in che cosa consisteva questo progetto e come pensi (se si può…) calarlo in parte nell'attività didattica quotidiana?
Scuola70- Messaggi : 1434
Data d'iscrizione : 28.02.14
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
E comunque, il discorso va anche oltre: a mio avviso, a parte il caso specifico dei bes o delle categorie svantaggiate in generale, è proprio questo principio estensivo della "personalizzazione" sempre più spinta di qualsiasi cosa, per tutti, che dovrebbe essere messo in discussione.
Io penso sinceramente che l'eccesso di personalizzazione, in un contesto di servizio pubblico e di istituzione dello stato, non sia un bene.
Non mi limito a dire, come spesso si legge qui, che "sarebbe meraviglioso riuscire davvero a realizzare una personalizzazione totale di tutta la didattica, ma purtroppo non ci si riesce perchè non ci sono le risorse". No, io penso davvero che la personalizzazione totale e diffusa sia proprio una cosa sbagliata, inopportuna, e spesso dannosa, che finisce col causare fallimenti educativi e ripercussioni negative sulla società, invece di prevenirli.
La scuola è uno dei primissimi contesti in cui il bambino o il giovane sperimenta la realtà di trovarsi in una situazione collettiva e democratica, in cui tutti hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri, e in cui i rapporti interpersonali cominciano a essere svincolati dalle dinamiche della vita privata, che (legittimamente) sono basate in gran parte sugli affetti personali. Poi è chiaro anche a scuola intervengono dinamiche emotive e sentimentali importanti, ma NON sono il primo motore di tutto e il criterio principale per gestire tutto, come invece avviene in famiglia.
Non si può pensare che, in un contesto di socializzazione e di parità, ognuno abbia diritto di essere trattato come se ci fosse solo lui, e come se fosse la persona più speciale dell'universo.
Sarà la persona più speciale dell'universo per sua madre, ok, per i suoi familiari, per gli amici stretti (quelli che si scelgono, non quelli che capita di frequentare perché ci si trova nello stesso gruppo artificioso e formato per decisione di qualcun altro).
Ma per il resto, nel contesto di gruppo, esterno alla vita privata familiare, è giustissimo che si valorizzi il fatto di essere tutti alla pari, indipendentemente dalle preferenze emotive o dai legami privati.
I compagni di scuola hanno il dovere di essere rispettosi tra di loro perché fa parte delle regole di vita sociale per tutti, non necessariamente perché si vogliano bene appassionatamente (anzi, uno dei concetti più importanti con cui familiarizzare è che il rispetto e le norme di comportamento collettivo non debbano dipendere dai sentimenti personali, sono due cose indipendenti). L'insegnante ha il dovere di trattare l'alunno con sensibilità e con rispetto, non perché lo ami alla follia come se fosse figlio suo (e come se amasse alla follia TUTTI gli alunni uno per uno, come se ognuno di loro fosse individualmente figlio suo mentre gli altri no, il che è ridicolo dal punto di vista logico), ma perché la sensibilità, il rispetto e la comunicazione corretta fanno parte della professionalità richiesta all'insegnante, del tutto indipendentemente dalle simpatie o dai coinvolgimenti personali.
Basta con questa visione della scuola come servizio individuale alla singola persona, che ha il diritto di pretendere quello che le piace di più o di essere individualmente al centro di tutto.
La scuola è soprattutto un servizio istituzionale con obiettivi a lungo termine per il miglioramento di tutta la società, perché un futuro con una società più istruita è un bene per tutti, non solo per chi sta andando a scuola in quel momento e rivendica il diritto al successo formativo personale (il che spesso si traduce semplicemente nel "trovarsi bene a scuola", nel "non stare a disagio" e sentirsi protetto da qualsiasi delusione e qualsiasi contrarietà).
E proprio per questo, a mio avviso, questo concetto deve essere formulato in maniera esattamente opposta alla retorica dilagante dell' "essere tutti speciali".
No, non siamo "tutti speciali", al contrario, siamo tutti NORMALI!
Certo non tutti uguali, ognuno ha le sue caratteristiche e le sue sfumature sia in meglio che in peggio, ma finiamola con questa mitologia retorica secondo cui qualsiasi comune e banale manifestazione di variabilità individuale della specie umana sia da considerare una risorsa preziosissima, un miracolo, una meraviglia, e comunque una condizione che implica il diritto a trattamenti differenziati individuali.
Non se ne può più di questa esaltazione delle più disparate sfumature vaghe (spesso non documentabili, assolutamente soggettive, e spesso attinenti alla vita privata e non alla scuola) come etichetta di "bisogni speciali".
Anche perché, oltretutto, come ho detto sopra, questa strategia non solo danneggia le singole persone, che imparano molto di meno di quello che avrebbero potuto... ma danneggia a lungo termine la società, che sarà sempre più affollata di persone incompetenti, poco responsabili, poco autonome, poco reattive di fronte alle avversità, e abituate per tutta la vita a una prospettiva infantilmente egocentrica, in cui si aspettano di essere coccolate e valorizzate perché "speciali", quando invece non lo sono affatto.
I trattamenti differenziati individuali dovrebbero tornare ad essere riservati a situazioni veramente FUORI dalla normalità, ossia patologie certificate o situazioni di svantaggio conclamato molto particolare.
Norma comune per tutti, più deroghe specifiche alla norma comune, in caso di eccezionalità.
E si dovrebbe avere il coraggio di ammettere che la maggioranza del gruppone "medio" della gente rientra nella normalità, che la maggioranza può raggiungere con le proprie forze normali gli obiettivi richiesti, che deve darsi da fare per riuscirci, e che pertanto non ha bisogno di trattamenti personalizzati.
Io penso sinceramente che l'eccesso di personalizzazione, in un contesto di servizio pubblico e di istituzione dello stato, non sia un bene.
Non mi limito a dire, come spesso si legge qui, che "sarebbe meraviglioso riuscire davvero a realizzare una personalizzazione totale di tutta la didattica, ma purtroppo non ci si riesce perchè non ci sono le risorse". No, io penso davvero che la personalizzazione totale e diffusa sia proprio una cosa sbagliata, inopportuna, e spesso dannosa, che finisce col causare fallimenti educativi e ripercussioni negative sulla società, invece di prevenirli.
La scuola è uno dei primissimi contesti in cui il bambino o il giovane sperimenta la realtà di trovarsi in una situazione collettiva e democratica, in cui tutti hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri, e in cui i rapporti interpersonali cominciano a essere svincolati dalle dinamiche della vita privata, che (legittimamente) sono basate in gran parte sugli affetti personali. Poi è chiaro anche a scuola intervengono dinamiche emotive e sentimentali importanti, ma NON sono il primo motore di tutto e il criterio principale per gestire tutto, come invece avviene in famiglia.
Non si può pensare che, in un contesto di socializzazione e di parità, ognuno abbia diritto di essere trattato come se ci fosse solo lui, e come se fosse la persona più speciale dell'universo.
Sarà la persona più speciale dell'universo per sua madre, ok, per i suoi familiari, per gli amici stretti (quelli che si scelgono, non quelli che capita di frequentare perché ci si trova nello stesso gruppo artificioso e formato per decisione di qualcun altro).
Ma per il resto, nel contesto di gruppo, esterno alla vita privata familiare, è giustissimo che si valorizzi il fatto di essere tutti alla pari, indipendentemente dalle preferenze emotive o dai legami privati.
I compagni di scuola hanno il dovere di essere rispettosi tra di loro perché fa parte delle regole di vita sociale per tutti, non necessariamente perché si vogliano bene appassionatamente (anzi, uno dei concetti più importanti con cui familiarizzare è che il rispetto e le norme di comportamento collettivo non debbano dipendere dai sentimenti personali, sono due cose indipendenti). L'insegnante ha il dovere di trattare l'alunno con sensibilità e con rispetto, non perché lo ami alla follia come se fosse figlio suo (e come se amasse alla follia TUTTI gli alunni uno per uno, come se ognuno di loro fosse individualmente figlio suo mentre gli altri no, il che è ridicolo dal punto di vista logico), ma perché la sensibilità, il rispetto e la comunicazione corretta fanno parte della professionalità richiesta all'insegnante, del tutto indipendentemente dalle simpatie o dai coinvolgimenti personali.
Basta con questa visione della scuola come servizio individuale alla singola persona, che ha il diritto di pretendere quello che le piace di più o di essere individualmente al centro di tutto.
La scuola è soprattutto un servizio istituzionale con obiettivi a lungo termine per il miglioramento di tutta la società, perché un futuro con una società più istruita è un bene per tutti, non solo per chi sta andando a scuola in quel momento e rivendica il diritto al successo formativo personale (il che spesso si traduce semplicemente nel "trovarsi bene a scuola", nel "non stare a disagio" e sentirsi protetto da qualsiasi delusione e qualsiasi contrarietà).
E proprio per questo, a mio avviso, questo concetto deve essere formulato in maniera esattamente opposta alla retorica dilagante dell' "essere tutti speciali".
No, non siamo "tutti speciali", al contrario, siamo tutti NORMALI!
Certo non tutti uguali, ognuno ha le sue caratteristiche e le sue sfumature sia in meglio che in peggio, ma finiamola con questa mitologia retorica secondo cui qualsiasi comune e banale manifestazione di variabilità individuale della specie umana sia da considerare una risorsa preziosissima, un miracolo, una meraviglia, e comunque una condizione che implica il diritto a trattamenti differenziati individuali.
Non se ne può più di questa esaltazione delle più disparate sfumature vaghe (spesso non documentabili, assolutamente soggettive, e spesso attinenti alla vita privata e non alla scuola) come etichetta di "bisogni speciali".
Anche perché, oltretutto, come ho detto sopra, questa strategia non solo danneggia le singole persone, che imparano molto di meno di quello che avrebbero potuto... ma danneggia a lungo termine la società, che sarà sempre più affollata di persone incompetenti, poco responsabili, poco autonome, poco reattive di fronte alle avversità, e abituate per tutta la vita a una prospettiva infantilmente egocentrica, in cui si aspettano di essere coccolate e valorizzate perché "speciali", quando invece non lo sono affatto.
I trattamenti differenziati individuali dovrebbero tornare ad essere riservati a situazioni veramente FUORI dalla normalità, ossia patologie certificate o situazioni di svantaggio conclamato molto particolare.
Norma comune per tutti, più deroghe specifiche alla norma comune, in caso di eccezionalità.
E si dovrebbe avere il coraggio di ammettere che la maggioranza del gruppone "medio" della gente rientra nella normalità, che la maggioranza può raggiungere con le proprie forze normali gli obiettivi richiesti, che deve darsi da fare per riuscirci, e che pertanto non ha bisogno di trattamenti personalizzati.
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
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Re: BES non 104, non 170, niente PDP
……......E poi uno può essere anche "speciale" in negativo, giusto Paniscus? Solo che di questo tipo di specialità non si dice nulla, mentre sembra che speciale significhi eccezionalmente bello, vi è anche distorsione logica dei significati.
Scuola70- Messaggi : 1434
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Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Sbottante ha scritto:Mi sembra normalissimo ed auspicabile che il genitore di un ragazzo dotato e volenteroso non apprezzi che il proprio figlio perda tempo a scuola.sempreconfusa1 ha scritto:Teniamo anche in conto che, specialmente alle medie, entrano a gamba tesa nel merito anche molti genitori, creando spesso e volentieri occasioni di scontro (tra genitori, tra studenti, e tra docenti stessi) piuttosto che il contrario, e pretendendo dai docenti un diverso atteggiamento, meno inclusivo e più discriminante, pretendendo che quelli indietro rimangano indietro e vengano esclusi a favore di chi può andare avanti spedito.
Certamente, ma allora deve in primis responsabilizzare il proprio figlio, e non dire che sbaglia l'insegnante se poi al ragazzo si cerca di far capire che il mondo non è fatto a due corsie. Oltrettutto, molte delle problematiche, come ho detto in altre occasioni, arrivano in eredità dal percorso di studi precedente, e vorrei capire perché sempre debba pagarne le conseguenze chi non ha contribuito a crearle.
Ti posso dire che molto spesso è l'insegnante che cerca di responsabilizzare anche quelli bravi, per renderli partecipi in modo più costruttivo, e per invitarli a non lasciarsi trascinare dal contesto, perché in realtà, quello che non vogliono comprendere certi genitori è che non esistono i "santini", anche i bravini poi finiscono per far meno del dovuto dando la colpa alla classe, sbagliando.
sempreconfusa1- Messaggi : 6338
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Località : MA COSA E' SUCCESSO AL FORUM??????
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Sono d'accordo con gli interventi precedenti; aggiungo un argomento che a me sembra fondamentale: nella nostra società mancano finalità precise, punti di arrivo su cui indirizzare la nostra e altrui vita. Abbiamo solo obiettivi: devo studiare perché è mio dovere; ma per arrivare dove? Se ci pensate bene, insistiamo sul dovere dei ragazzi di studiare, perché "quello è il loro lavoro" e non devono quindi fare solo il minimo indispensabile per tirare a campare.
Pensate però alle scene che si presentano quotidianamente in sala insegnanti: niente di più, nei discorsi, di lamentele su questo o quell'alunno, sull'orario pieno delle giornate, sugli adempimenti vari, sul collegio docenti organizzato di venerdì. Che stanchezza insegnare. Ma cosa volete che imparino i ragazzi da noi? La noia, quella che viviamo noi ogni giorno rifacendo per anni le stesse cose con sempre minor entusiasmo. Siamo noi i primi a fare lo stretto indispensabile. Colleghi che si danno arie quando spiegano Dante come se la Commedia l'avessero scritta loro, senza riuscire umilmente a farne cogliere la grandezza; altri che non cambiano il libro di geografia, con i dati ormai obsoleti, per non cambiare la propria organizzazione di lavoro.
Non si tratta di fare i saltimbanchi, ma di capire che chi vuol fare l'insegnante a bambini e ragazzi non può pensare di selezionare contenuti che poi il ragazzo deve sapere a memoria per dimenticarseli passata la verifica, almeno non alla primaria e alle medie. Non siamo all'Università. Certo ci vuole impegno, ma è il lavoro che ci siamo scelti e vi posso garantire, visto che ho lavorato in fonderia, che ce ne sono di molto più faticosi.
Posso dire di non aver mai studiato in vita mia, pur avendo sempre collezionato voti alti. Ho avuto bravi insegnanti che mi hanno detto questo: qualsiasi materia è interessante, dobbiamo solo entrarci, capirla, incuriosirci. Quando sento ragazzi che dicono di avere un certo numero di pagine da studiare per il giorno dopo rabbrividisco: se mi appassiono all'argomento neanche mi accorgo di quante pagine ho letto. I ragazzi volonterosi di cui parla Zacinto sono quelli che non fanno fatica a studiare, perché più interessati e spesso più dotati degli altri. Guarda caso in scienze motorie a volte i ruoli si rovesciano.
Ora, se qualche collega si è laureato con fatica studiando centinaia di pagine al giorno di cui non gli fregava niente, ora si vendica sugli alunni pretendendo che facciano altrettanto. Secondo me gli alunni fanno benissimo a non studiare, tempo perso, tanto si dimenticherebbero tutto. Meglio una passeggiata, più salutare: eviteranno di diventare obesi e in futuro cardiopatici.
Mancano le finalità: che tipo di mondo vogliamo costruire? Perché è necessario conoscere la storia della letteratura? Perché ci fanno studiare certe materie? I ragazzi non sono stupidi, sono come noi: se una cosa sembra inutile non la fanno. Bisogna motivarli. Quanti di noi accettano di partecipare a corsi di aggiornamento se non imposti? "Sono inutili". Certo, dal nostro punto di vista, non accettando quello dei formatori.
Ora arrivo al progetto di "inclusione" di cui vi parlavo.
Anni '80. Un Maestro di musica di Milano, già direttore di coro alla Rai e alla Scala, decise di fondare dei cori di "amatori" per eseguire musica classica. Una follia. Ma c'era più di una finalità: ottenere un suono più ricco di armonici (qui mi possono capire solo i musicisti purtroppo) e tentare di ricostruire le sonorità rinascimentali e barocche, precedenti allo sviluppo del canto lirico come lo intendiamo. Si trattava cioè di tornare ad usare una vocalità appoggiata e non impostata. Ci volevano voci inesperte, persone che non avevano studiato canto in Conservatorio.
Partecipai alle audizioni, pensando ad una selezione; c'erano persone stonate, non cantavo male, mi avrebbero presa. Il Maestro non scartò nessuno: ogni voce è unica al mondo, come le impronte digitali, quindi necessaria. Piuttosto coloro che sono più dotati si devono impegnare maggiormente, aiutare gli altri e approfondire gli studi, per il bene della formazione corale.
È stata una vera sfida, esaltante e faticosissima. Persone che non sapevano cantare una nota nel giro di pochi mesi dovevano conoscere la loro parte di Mozart o Brahms e toccava ad un gruppo di noi istruirli. Ho pensato cose e ideato metodi che nemmeno voi umani... I nostri concerti erano in manifestazioni importanti: Conservatorio di Milano, Rai, come coro rappresentante l'Italia all'estero; non potevamo permetterci errori e mancanze: sempre presenti e al massimo dell'efficienza.
La lezione più grande per me è stata questa: una mia amica ed io, che conoscevamo la musica, eravamo state posizionate nel coro ai lati di una corista che tendeva a "calare". Durante i concerti dovevamo a fatica tentare di alzare i suoni cantando per mantenere l'intonazione dell'insieme; e di questo ci lamentavamo sempre. Un giorno questa corista era assente alle prove: la mia amica ed io tendevamo ad alzare troppo i suoni, ad "aumentare", rimproverate dal Maestro ovviamente. La corista che per noi inizialmente era un problema ora era necessaria anche per mantenere il nostro di equilibrio. Questa è l'inclusione.
A scuola non si può organizzare nulla del genere, le cose da fare sono troppe, così come troppi sono i problemi; inoltre noi siamo pochi e non ci sono risorse.
Nel nostro piccolo, però, quando si riescono a coinvolgere i ragazzi in un compito vero (proprio vero, nemmeno di realtà) l'entusiasmo è tale che i problemi di disciplina svaniscono. Penso che lo abbiate sperimentato anche voi.
Pensate però alle scene che si presentano quotidianamente in sala insegnanti: niente di più, nei discorsi, di lamentele su questo o quell'alunno, sull'orario pieno delle giornate, sugli adempimenti vari, sul collegio docenti organizzato di venerdì. Che stanchezza insegnare. Ma cosa volete che imparino i ragazzi da noi? La noia, quella che viviamo noi ogni giorno rifacendo per anni le stesse cose con sempre minor entusiasmo. Siamo noi i primi a fare lo stretto indispensabile. Colleghi che si danno arie quando spiegano Dante come se la Commedia l'avessero scritta loro, senza riuscire umilmente a farne cogliere la grandezza; altri che non cambiano il libro di geografia, con i dati ormai obsoleti, per non cambiare la propria organizzazione di lavoro.
Non si tratta di fare i saltimbanchi, ma di capire che chi vuol fare l'insegnante a bambini e ragazzi non può pensare di selezionare contenuti che poi il ragazzo deve sapere a memoria per dimenticarseli passata la verifica, almeno non alla primaria e alle medie. Non siamo all'Università. Certo ci vuole impegno, ma è il lavoro che ci siamo scelti e vi posso garantire, visto che ho lavorato in fonderia, che ce ne sono di molto più faticosi.
Posso dire di non aver mai studiato in vita mia, pur avendo sempre collezionato voti alti. Ho avuto bravi insegnanti che mi hanno detto questo: qualsiasi materia è interessante, dobbiamo solo entrarci, capirla, incuriosirci. Quando sento ragazzi che dicono di avere un certo numero di pagine da studiare per il giorno dopo rabbrividisco: se mi appassiono all'argomento neanche mi accorgo di quante pagine ho letto. I ragazzi volonterosi di cui parla Zacinto sono quelli che non fanno fatica a studiare, perché più interessati e spesso più dotati degli altri. Guarda caso in scienze motorie a volte i ruoli si rovesciano.
Ora, se qualche collega si è laureato con fatica studiando centinaia di pagine al giorno di cui non gli fregava niente, ora si vendica sugli alunni pretendendo che facciano altrettanto. Secondo me gli alunni fanno benissimo a non studiare, tempo perso, tanto si dimenticherebbero tutto. Meglio una passeggiata, più salutare: eviteranno di diventare obesi e in futuro cardiopatici.
Mancano le finalità: che tipo di mondo vogliamo costruire? Perché è necessario conoscere la storia della letteratura? Perché ci fanno studiare certe materie? I ragazzi non sono stupidi, sono come noi: se una cosa sembra inutile non la fanno. Bisogna motivarli. Quanti di noi accettano di partecipare a corsi di aggiornamento se non imposti? "Sono inutili". Certo, dal nostro punto di vista, non accettando quello dei formatori.
Ora arrivo al progetto di "inclusione" di cui vi parlavo.
Anni '80. Un Maestro di musica di Milano, già direttore di coro alla Rai e alla Scala, decise di fondare dei cori di "amatori" per eseguire musica classica. Una follia. Ma c'era più di una finalità: ottenere un suono più ricco di armonici (qui mi possono capire solo i musicisti purtroppo) e tentare di ricostruire le sonorità rinascimentali e barocche, precedenti allo sviluppo del canto lirico come lo intendiamo. Si trattava cioè di tornare ad usare una vocalità appoggiata e non impostata. Ci volevano voci inesperte, persone che non avevano studiato canto in Conservatorio.
Partecipai alle audizioni, pensando ad una selezione; c'erano persone stonate, non cantavo male, mi avrebbero presa. Il Maestro non scartò nessuno: ogni voce è unica al mondo, come le impronte digitali, quindi necessaria. Piuttosto coloro che sono più dotati si devono impegnare maggiormente, aiutare gli altri e approfondire gli studi, per il bene della formazione corale.
È stata una vera sfida, esaltante e faticosissima. Persone che non sapevano cantare una nota nel giro di pochi mesi dovevano conoscere la loro parte di Mozart o Brahms e toccava ad un gruppo di noi istruirli. Ho pensato cose e ideato metodi che nemmeno voi umani... I nostri concerti erano in manifestazioni importanti: Conservatorio di Milano, Rai, come coro rappresentante l'Italia all'estero; non potevamo permetterci errori e mancanze: sempre presenti e al massimo dell'efficienza.
La lezione più grande per me è stata questa: una mia amica ed io, che conoscevamo la musica, eravamo state posizionate nel coro ai lati di una corista che tendeva a "calare". Durante i concerti dovevamo a fatica tentare di alzare i suoni cantando per mantenere l'intonazione dell'insieme; e di questo ci lamentavamo sempre. Un giorno questa corista era assente alle prove: la mia amica ed io tendevamo ad alzare troppo i suoni, ad "aumentare", rimproverate dal Maestro ovviamente. La corista che per noi inizialmente era un problema ora era necessaria anche per mantenere il nostro di equilibrio. Questa è l'inclusione.
A scuola non si può organizzare nulla del genere, le cose da fare sono troppe, così come troppi sono i problemi; inoltre noi siamo pochi e non ci sono risorse.
Nel nostro piccolo, però, quando si riescono a coinvolgere i ragazzi in un compito vero (proprio vero, nemmeno di realtà) l'entusiasmo è tale che i problemi di disciplina svaniscono. Penso che lo abbiate sperimentato anche voi.
Rossana63- Messaggi : 479
Data d'iscrizione : 06.07.11
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
mi sembra che il senso del papello emerga chiaramente dalle seguenti proposizioni: "lo studente che trova nella scuola risposte ai propri bisogni educativi, di istruzione e di espressione personale, non andrà incontro a insuccesso, demotivazione e infine abbandono". Che bello affermare senza dover dimostrare, sembra quasi vero.
defraz- Messaggi : 723
Data d'iscrizione : 11.04.13
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
@Rossanna63: Le cose che non ci interessano si dimenticano necessariamente? E' FALSO! C'è gente che anche se non era interessata allo studio nella scuola di una volta molte cose che ha studiato le ricorda, molto più dei quindicenni di ora! Ti posso assicurare che si ricorda lo stesso se l'insegnante insiste. E' falsa questa cosa del dimenticare se non c'è piacere, io non sono d'accordo con l'idea edonistica che mette al centro di tutto il piacere e ritiene che una cosa se non fa piacere non sia buona, non faccia crescere, non arricchisca. L'obiettivo della vita NON è star bene, ma appunto crescere, superare la fatica, anzi, nel momento in cui tu ti impegni in qualcosa che non ti piace vincendo te stesso, ecco che la tua volontà e le tue capacità di concentrazione si rafforzano e magar in seguito comprendi anche il valore di quello che hai fatto. Io voglio andare controcorrente rispetto al concetto che la felicità individuale sia l'obiettivo più importante, quest'idea è la fonte del relativismo morale ("Mi piace farlo quindi è buono, anche se è magari pessimo per tutti"), del peggiore egoismo e rende le persone molli, deboli, dipendenti, non inclini al sacrificio e alla fatica. Le sensazioni ingannano eccome, ingannevole è il "cuore" più di ogni cosa.
Scuola70- Messaggi : 1434
Data d'iscrizione : 28.02.14
Re: BES non 104, non 170, niente PDP
Se ti riferisci a me, perderesti 10 a 1, perché come ti ho detto prima di insegnare ho lavorato in fabbrica.
Personalmente trovo affascinanti anche le materie tecnico-scientifiche, perché i miei insegnanti mi hanno trasmesso l'amore per lo studio. Semplicemente penso che chi studia andando oltre il mero senso del dovere avrà sempre una marcia in più, come ci dimostrano ogni giorno i nostri alunni migliori.
Zacinto, parli con una persona che ha frequentato il liceo mentre lavorava, perché i genitori non potevano permettersi di farla studiare. So cos'è la fatica, studiavo fino alle cinque del mattino, ma davo un senso a ciò che facevo. Il piacere, dalle uscite con gli amici alle relazioni amorose non sapevo nemmeno cosa fosse.
Che paragone è, poi, quello tra l'amore per lo studio e la ricerca del piacere? Chi visita un museo, per esempio, è forse un edonista?
Personalmente trovo affascinanti anche le materie tecnico-scientifiche, perché i miei insegnanti mi hanno trasmesso l'amore per lo studio. Semplicemente penso che chi studia andando oltre il mero senso del dovere avrà sempre una marcia in più, come ci dimostrano ogni giorno i nostri alunni migliori.
Zacinto, parli con una persona che ha frequentato il liceo mentre lavorava, perché i genitori non potevano permettersi di farla studiare. So cos'è la fatica, studiavo fino alle cinque del mattino, ma davo un senso a ciò che facevo. Il piacere, dalle uscite con gli amici alle relazioni amorose non sapevo nemmeno cosa fosse.
Che paragone è, poi, quello tra l'amore per lo studio e la ricerca del piacere? Chi visita un museo, per esempio, è forse un edonista?
Ultima modifica di Rossana63 il Dom Mag 20, 2018 10:18 pm - modificato 1 volta.
Rossana63- Messaggi : 479
Data d'iscrizione : 06.07.11
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