Esame primo ciclo
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Esame primo ciclo
Promemoria primo messaggio :
https://www.orizzontescuola.it/esame-di-terza-media-invariato-rispetto-al-2021-orale-ed-elaborato-lipotesi-al-vaglio-del-ministero/
Ma che senso ha? Gli alunni che faranno l'esame quest'anno hanno fatto solo il secondo quadrimestre del primo anno in dad...almeno qui in Sicilia! A questo punto che lo tolgano. Anche perché molti colleghi non si rendono conto che il colloquio non può essere trattato come il vecchio orale, con la conseguenza che i voti vengono pompati a dismisura. Quest'anno penso di litigare anche con la preside se necessario, non accetterò di fare uscire con un voto alto chi non ha fatto niente per tre anni!
https://www.orizzontescuola.it/esame-di-terza-media-invariato-rispetto-al-2021-orale-ed-elaborato-lipotesi-al-vaglio-del-ministero/
Ma che senso ha? Gli alunni che faranno l'esame quest'anno hanno fatto solo il secondo quadrimestre del primo anno in dad...almeno qui in Sicilia! A questo punto che lo tolgano. Anche perché molti colleghi non si rendono conto che il colloquio non può essere trattato come il vecchio orale, con la conseguenza che i voti vengono pompati a dismisura. Quest'anno penso di litigare anche con la preside se necessario, non accetterò di fare uscire con un voto alto chi non ha fatto niente per tre anni!
Seriol85- Messaggi : 686
Data d'iscrizione : 13.02.13
Re: Esame primo ciclo
Non credo che i docenti "se ne freghino" come scrivi tu, sicuramente non è così per me. Anzi, credo che la maggior parte tengano molto ai loro alunni e al loro lavoro. Ma proprio perché tengono al loro lavoro e sono obbligati ad attuare ogni giorno la normativa interpretano la legge in maniera corretta. Le linee guida, insieme alla 170, stabiliscono diritti e doveri, tempistiche, chi decide cosa, quali sono gli obblighi e quali sono invece i suggerimenti.
Quindi, ti parrà strano, nell'impianto normativo nazionale sigli alunni con bes/dsa prevalgono le parti descrittive a quelle prescrittive: la legge non stabilisce come debba essere fatto un pdp e quali misure debbano essere adottate, non obbliga i docenti a redigerlo in base ai suggerimenti dei medici o ai desiderata dei genitori, in alcuni casi lascia al consiglio di classe la facoltà di decidere motivatamente se farlo o non farlo, in altri lo considera un atto dovuto. La non prescrittività della normativa su alcune questioni didattiche di dettaglio, che vengono lasciate ai singoli insegnanti e al consiglio di classe, deriva dall'articolo della costituzione che sancisce la libertà di insegnamento.
Al contrario la legge è molto più precisa riguardo allo svolgimento degli esami e nell'indicare le differenze tra un esame per alunni con DSA, con BES ma senza DSA e senza né DSA né BES.
In generale Ire mi sento di interpretare la traiettoria delle tue dichiarazioni su questo forum, che ormai frequento da anni, come indicativa di ciò che si sta muovendo nel mondo delle associazioni delle famiglie con alunni DSA, quello stesso mondo che portò alla promulgazione della 170. Le istanze che poni sono quelle di una esasperazione dell'individualizzazione degli strumenti e delle misure "a favore" degli alunni con DSA: se prima ci veniva detto "con strumenti e dispense gli alunni con pdp possono raggiungere gli stessi risultati dei loro compagni" ora ci viene fatto capire che questi alunni, con questo livello di personalizzazione, NON riescono a raggiungere gli stessi risultati e che noi docenti dobbiamo essere ancora più accondiscendenti in termini di semplificazione e differenziazione (e valutazione), arrivando addirittura a esigere che vengano predisposte prove ad hoc per l'esame, in modo che anche se non raggiungono gli stessi risultati possano comunque avere almeno gli stessi voti degli altri.
In molti anni di insegnamento personalmente ho constatato una serie di fenomeni:
1) una sempre maggiore incidenza degli alunni con pdp sul totale (nelle mie classi oggi, mediamente, rappresentano il 25% degli alunni); cosa che oltre ad aumentare notevolmente la mole di lavoro degli insegnanti, ne riduce l'efficacia per tutti gli alunni, con o senza pdp
2) una pressione sempre maggiore sui docenti da parte di famiglie, associazioni, presidi, neuropsichiatri, esperti, tutor, referenti e degli stessi studenti in merito alle misure da adottare, al tipo di didattica di approntare, al tipo di verifiche e alla loro valutazione; tale pressione si combina ad una esasperata medicalizzazione dei disturbi. (sempre dimenticando che l'unico che "vede" l'alunno in azione continuativamente e sa leggere i suoi punti di forza e i suoi limiti è solo l'insegnante)
3) una sempre maggiore esasperazione della differenziazione di questi alunni, che sono passati dal fruire di pochi strumenti utili a tutti gli strumenti e le dispense possibili e immaginabili
4) un costante e innegabile scadimento del livello di apprendimento degli alunni con PDP.
La lettura combinata di questi fenomeni ci dice che la legge 170 e tutte le norme ad essa collegata stanno sostanzialmente fallendo nell'intento dichiarato di portare gli alunni con pdp allo stesso livello di apprendimento degli altri, sia pure con strumenti e metodi diversi; tale fallimento è tanto maggiore, a mio personale avviso, tanto maggiore sono le pressioni sui docenti e con esse la limitazione della libertà di insegnamento.
Per fare un esempio semplice e chiaro: negli anni siamo passati dall'uso, durante le verifiche, prima di mappe concettuali autoprodotte, poi di schemi e mappe qualunque, poi di schemi, mappe e sunti, per arrivare al fatto che oggi molti alunni si presentano praticamente con la trascrizione delle lezioni, tra le proteste dei propri compagni. Questa pratica, che inizialmente aveva lo scopo di supportare la memoria, oggi viene esasperata sotto la spinta di famiglie e esperti vari e si sta praticamente sostituendo l'apprendimento e la necessaria rielaborazione con la copiatura, che ne è l'antitesi. All'alunno con PDP che all'ultima verifica mi ha ricopiato in maniera estremamente sintetica e povera il contenuto dei suoi riassunti ho messo 6, perché so che quell'alunno, quando ancora si limitava con il materiale di supporto e ancora studiava a casa, era in grado di produrre molto di più. Per non parlare dell'effetto devastante che queste misure hanno sulla motivazione dell'alunno ad impegnarsi e sull'autostima, cioè sulla consapevolezza di potercela fare con un "aiuto" limitato al minimo.
Di fronte a questo, che io considero un evidente fallimento, cosa ci viene chiesto? Di esasperare ulteriormente il livello di differenziazione che ha portato a questo disastro, arrivando addirittura a sostenere che gli esami debbano essere differenziati, in linea di quanto viene previsto per gli alunni con sostegno, che però godono dell'utilissimo apporto di un insegnante dedicato alla loro integrazione.
Quindi, ti parrà strano, nell'impianto normativo nazionale sigli alunni con bes/dsa prevalgono le parti descrittive a quelle prescrittive: la legge non stabilisce come debba essere fatto un pdp e quali misure debbano essere adottate, non obbliga i docenti a redigerlo in base ai suggerimenti dei medici o ai desiderata dei genitori, in alcuni casi lascia al consiglio di classe la facoltà di decidere motivatamente se farlo o non farlo, in altri lo considera un atto dovuto. La non prescrittività della normativa su alcune questioni didattiche di dettaglio, che vengono lasciate ai singoli insegnanti e al consiglio di classe, deriva dall'articolo della costituzione che sancisce la libertà di insegnamento.
Al contrario la legge è molto più precisa riguardo allo svolgimento degli esami e nell'indicare le differenze tra un esame per alunni con DSA, con BES ma senza DSA e senza né DSA né BES.
In generale Ire mi sento di interpretare la traiettoria delle tue dichiarazioni su questo forum, che ormai frequento da anni, come indicativa di ciò che si sta muovendo nel mondo delle associazioni delle famiglie con alunni DSA, quello stesso mondo che portò alla promulgazione della 170. Le istanze che poni sono quelle di una esasperazione dell'individualizzazione degli strumenti e delle misure "a favore" degli alunni con DSA: se prima ci veniva detto "con strumenti e dispense gli alunni con pdp possono raggiungere gli stessi risultati dei loro compagni" ora ci viene fatto capire che questi alunni, con questo livello di personalizzazione, NON riescono a raggiungere gli stessi risultati e che noi docenti dobbiamo essere ancora più accondiscendenti in termini di semplificazione e differenziazione (e valutazione), arrivando addirittura a esigere che vengano predisposte prove ad hoc per l'esame, in modo che anche se non raggiungono gli stessi risultati possano comunque avere almeno gli stessi voti degli altri.
In molti anni di insegnamento personalmente ho constatato una serie di fenomeni:
1) una sempre maggiore incidenza degli alunni con pdp sul totale (nelle mie classi oggi, mediamente, rappresentano il 25% degli alunni); cosa che oltre ad aumentare notevolmente la mole di lavoro degli insegnanti, ne riduce l'efficacia per tutti gli alunni, con o senza pdp
2) una pressione sempre maggiore sui docenti da parte di famiglie, associazioni, presidi, neuropsichiatri, esperti, tutor, referenti e degli stessi studenti in merito alle misure da adottare, al tipo di didattica di approntare, al tipo di verifiche e alla loro valutazione; tale pressione si combina ad una esasperata medicalizzazione dei disturbi. (sempre dimenticando che l'unico che "vede" l'alunno in azione continuativamente e sa leggere i suoi punti di forza e i suoi limiti è solo l'insegnante)
3) una sempre maggiore esasperazione della differenziazione di questi alunni, che sono passati dal fruire di pochi strumenti utili a tutti gli strumenti e le dispense possibili e immaginabili
4) un costante e innegabile scadimento del livello di apprendimento degli alunni con PDP.
La lettura combinata di questi fenomeni ci dice che la legge 170 e tutte le norme ad essa collegata stanno sostanzialmente fallendo nell'intento dichiarato di portare gli alunni con pdp allo stesso livello di apprendimento degli altri, sia pure con strumenti e metodi diversi; tale fallimento è tanto maggiore, a mio personale avviso, tanto maggiore sono le pressioni sui docenti e con esse la limitazione della libertà di insegnamento.
Per fare un esempio semplice e chiaro: negli anni siamo passati dall'uso, durante le verifiche, prima di mappe concettuali autoprodotte, poi di schemi e mappe qualunque, poi di schemi, mappe e sunti, per arrivare al fatto che oggi molti alunni si presentano praticamente con la trascrizione delle lezioni, tra le proteste dei propri compagni. Questa pratica, che inizialmente aveva lo scopo di supportare la memoria, oggi viene esasperata sotto la spinta di famiglie e esperti vari e si sta praticamente sostituendo l'apprendimento e la necessaria rielaborazione con la copiatura, che ne è l'antitesi. All'alunno con PDP che all'ultima verifica mi ha ricopiato in maniera estremamente sintetica e povera il contenuto dei suoi riassunti ho messo 6, perché so che quell'alunno, quando ancora si limitava con il materiale di supporto e ancora studiava a casa, era in grado di produrre molto di più. Per non parlare dell'effetto devastante che queste misure hanno sulla motivazione dell'alunno ad impegnarsi e sull'autostima, cioè sulla consapevolezza di potercela fare con un "aiuto" limitato al minimo.
Di fronte a questo, che io considero un evidente fallimento, cosa ci viene chiesto? Di esasperare ulteriormente il livello di differenziazione che ha portato a questo disastro, arrivando addirittura a sostenere che gli esami debbano essere differenziati, in linea di quanto viene previsto per gli alunni con sostegno, che però godono dell'utilissimo apporto di un insegnante dedicato alla loro integrazione.
Ultima modifica di herman il lattoniere il Mer Gen 05, 2022 8:15 am - modificato 9 volte.
herman il lattoniere- Messaggi : 1676
Data d'iscrizione : 15.11.17
Re: Esame primo ciclo
Ire ha scritto:Abbiamo abbastanza svicolato da quello che avevo postato io direi. Nel caso di cui trattavamo, la legge ad hoc c'è già e tutte le sentenze battono pari con quella. È vero, nel nostro ordinamento giurisprudenza non fa legge ma a non tenerne conto ci si può fare parecchio male. Devo dire la verità sembra quasi, dalle parole di qualcuno, che per la posizione di forza di docente (che riscuote meriti quando fa bene e non paga le colpe di un lavoro mal fatto) autorizzi a divertirsi nel " faccio quello che voglio". Le linee guida non sono obblighi? Sono parte del decreto attuativo di una legge! Le dichiarazioni simili si sprecano qui e soprattutto le azioni derivanti da questo pensiero dilagano nelle scuole. Roba da ridere, chissenefrega dei soldi di tutti, chissenefrega del tempo di tanti, chissenefrega delle risorse perse, chissenefrega della fatica psicologica dei ragazzi che hanno la sventura di incontrare chi si pone così? Chissenefrega se queste persone non riusciranno mai a togliersi di dosso il bisogno di riscatto, di dover sempre dimostrate qualcosa, il sentimento di inadeguatezza personale? Chissenefrega se faranno scelte di vita a danno di se stessi e della società? Chissenefrega, tanto paga pantalone ( fino a quando quei ragazzi non saranno gli uomini e le donne incaricati di prendere le decisioni sociali. La loro esperienza privata li condizionerà e la società né subirà le conseguenze): Come si dice: la personalizzazione e l'attenzione ai bisogni non sono un fatto che riguarda solo i diretti interessati: sono una questione di civiltà. Dove non c'è civiltà si prepara un futuro difficile per tutti. Spero ci pensiate anche tra tutti gli insulti, le ironiche illazioni le tristi derisioni che faranno seguito al mio post. Pensateci.
L'unica deduzione che si può trarre da questo post è che tu (come del resto sapevamo già) sia irreversibilmente fissata con una visione macchiettistica e denigratoria della figura dell'insegnante che, semplicemente, non è reale.
E' da anni che centinaia di interlocutori diversi te lo fanno notare, ma più passa il tempo e tu ti fissi sempre di più nella tua inossidabile certezza, e non c'è modo di discutere in maniera costruttiva.
Quindi, non solo sono inutili gli insulti o le derisoni, sta diventando perfettamennte inutile anche qualsiasi tentativo di risposta seria.
Tu vorresti che ti si rispondesse accettando di partire dagli stessi presupposti tuoi (cioè, dicharandoci d'accordo anche noi sulla tua fantasia surreale secondo cui gli insegnanti sarebbero una categoria potentissima e dispotica, protetta da qualsiasi conseguenza, e che si diverte a esercitare questo presunto immenso potere, al solo scopo di far soffrire ragazzi e genitori, così, per puro sadismo, o comunque per puro egoismo), e consideri illegittimo qualsiasi punto di vista diverso.
E allora, cosa pretendi che ti si risponda, in modo serio?
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
Data d'iscrizione : 31.10.17
Re: Esame primo ciclo
herman il lattoniere ha scritto: oggi molti alunni si presentano praticamente con la trascrizione delle lezioni, tra le proteste dei propri compagni. Questa pratica, che inizialmente aveva lo scopo di supportare la memoria, oggi viene esasperata sotto la spinta di famiglie e esperti vari e si sta praticamente sostituendo l'apprendimento e la necessaria rielaborazione con la copiatura, che ne è l'antitesi. All'alunno con PDP che all'ultima verifica mi ha ricopiato in maniera estremamente sintetica e povera il contenuto dei suoi riassunti ho messo 6, perché so che quell'alunno, quando ancora si limitava con il materiale di supporto e ancora studiava a casa, era in grado di produrre molto di più.
Posso chiederti perché gli hai messo 6, e non un voto ancora più basso, se la verifica consisteva integralmente in paragrafi di CONTENUTI direttamente copiati in classe durante il compito, da materiale portato da casa e tenuto sotto gli occhi? A me sembrerebbe un caso classico in cui l'insufficienza sarebbe legittima anche in caso di studente con PDP. Non credo che sul PDP ci sia scritto esplicitamente che all'alunno è consentito portarsi le risposte da casa e copiarle pari pari...
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
Data d'iscrizione : 31.10.17
Re: Esame primo ciclo
per dirne un'altra: in una delle mie classi figura come coordinatrice la referente dell'inclusione alunni bes/dsa. In questa classe il numero di alunni con pdp è, stranamente, lievitato nel giro di un anno e mezzo dai due iniziali agli otto attuali, perché non appena un alunno manifesti difficoltà si è sostanzialmente deciso di suggerire alle famiglie di procedere a far valutare i propri figli. Gli alunni che hanno ottenuto una diagnosi in seguito a segnalazione della coordinatrice erano già oggetto, nella mia materia, di una certa personalizzazione ad hoc della didattica, delle verifiche e della valutazione che faceva sì che i loro risultati di apprendimento fossero comunque soddisfacenti, pur mantenendoli nell'ambito della didattica di classe. In altre materie, compreso italiano, continuavano ad andare maluccio. Con l'approvazione del pdp ora questi alunni sono ufficialmente portatori di "bisogni educativi speciali" e hanno sostanzialmente accesso a una serie di semplificazioni e differenziazioni che, al contrario della didattica "di classe" da me precedentemente adottata li porteranno a deviare sempre di più negli apprendimenti, negli obiettivi e negli strumenti dal resto della classe. Gioverà loro? Io penso di no.
Purtroppo ci sono alcune materie come italiano, matematica e lingue che hanno una loro "durezza", hanno metodiche di insegnamento ben consolidate e un armamentario di esercitazioni necessarie all'apprendimento che non può essere eluso. L'alunno non sa riconoscere i verbi irregolari? E noi non glieli facciamo riconoscere. Non sa distinguere il complemento di modo dal complemento predicativo del soggetto? E noi non gli spieghiamo la differenza... e così via.
Purtroppo ci sono alcune materie come italiano, matematica e lingue che hanno una loro "durezza", hanno metodiche di insegnamento ben consolidate e un armamentario di esercitazioni necessarie all'apprendimento che non può essere eluso. L'alunno non sa riconoscere i verbi irregolari? E noi non glieli facciamo riconoscere. Non sa distinguere il complemento di modo dal complemento predicativo del soggetto? E noi non gli spieghiamo la differenza... e così via.
herman il lattoniere- Messaggi : 1676
Data d'iscrizione : 15.11.17
Re: Esame primo ciclo
herman il lattoniere ha scritto:per dirne un'altra: in una delle mie classi figura come coordinatrice la referente dell'inclusione alunni bes/dsa. In questa classe il numero di alunni con pdp è, stranamente, lievitato nel giro di un anno e mezzo dai due iniziali agli otto attuali, perché non appena un alunno manifesti difficoltà si è sostanzialmente deciso di suggerire alle famiglie di procedere a far valutare i propri figli.
E vogliamo ammettere anche che i criteri di accertamento delle difficoltà si sono fatti così laschi e generalizzati che la certificazione la ottiene, in automatico, CHIUNQUE viene inviato a fare quei test?
Vogliamo ammettere pubblicamente, in maniera chiara, che quei test sono fenomenologici e autoreferenziali al massimo (ma questa non è una deriva recente, è sempre stato così), cioè non vanno a indagare NULLA dell'effettiva presenza di disturbi strutturali, ma misurano solo le effettive carenze e debolezze manifestate nei risultati esterni, cioè esattamente le stesse problematiche che a scuola si sapevano già, indipendentmente da quali siano le cause, e quindi le diverse possibili strategie di intervento in base a cause diverse?
Per quanto mi riguarda, non è eticamente accettabile che due ragazzi, uno che è realmente dislessico e disgrafico, e l'altro che non ha nessun disturbo innato, ma legge e scrive male solo per modalità acquisite in maniera impropria nell'infanzia, o per disabitudine all'esercizio e per scarso interesse a concentrarsi (ma che se si esercitasse di più e si concentrasse di più riuscirebbe a correggersi perfettamente) debbano ricevere la stessa diagnosi e rivendicare gli stessi strumenti personalizzati, e le stesse "esenzioni" sistematiche dal fare qualsiasi cosa che "non gli riesca". E sarebbe anche ora che si parlasse esplicitamente anche di questo enorme problema epistemologico e deontologico, che sta generando valanghe di falsi positivi, con le conseguenze educative e sociali che ben sappiamo...
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
Data d'iscrizione : 31.10.17
Re: Esame primo ciclo
Come ho sempre detto: non mi rapporto alla scuola come categoria.
Mi rapporto alla scuola come pubblica amministrazione che amministra un bene particolare e mi confronto con ciascuna situazione secondo il caso specifico. Il docente è effettivamente potentissimo:può fare la differenza nella vita della persona e nella vita del Paese. L'unico che nonb lo sa, spesso, è il doconte stesso. E la differenza non si fa in sede di esame e nemmeno di scrutinio. La differenza si fa nell'amministrazione quotidiana-
Mi rapporto alla scuola come pubblica amministrazione che amministra un bene particolare e mi confronto con ciascuna situazione secondo il caso specifico. Il docente è effettivamente potentissimo:può fare la differenza nella vita della persona e nella vita del Paese. L'unico che nonb lo sa, spesso, è il doconte stesso. E la differenza non si fa in sede di esame e nemmeno di scrutinio. La differenza si fa nell'amministrazione quotidiana-
Re: Esame primo ciclo
Ire ha scritto:Il docente è effettivamente potentissimo
hai ragione: ha il dovere di dire se, al termine di un percorso di istruzione (declinazioni, coniugazioni, tabelline...) l'alunno ne sa abbastanza per accedere al segmento successivo
lasciatecelo fare!
cha- Messaggi : 296
Data d'iscrizione : 21.07.11
Re: Esame primo ciclo
Ire ha scritto:Come ho sempre detto: non mi rapporto alla scuola come categoria.
Mi rapporto alla scuola come pubblica amministrazione che amministra un bene particolare e mi confronto con ciascuna situazione secondo il caso specifico. Il docente è effettivamente potentissimo:può fare la differenza nella vita della persona e nella vita del Paese. L'unico che nonb lo sa, spesso, è il doconte stesso. E la differenza non si fa in sede di esame e nemmeno di scrutinio. La differenza si fa nell'amministrazione quotidiana-
Credo che sbagli di grosso se pensi che la scuola sia solo una pubblica amministrazione e i docenti siano solo impiegati tipo catasto e non anche persone e non anche categoria.
La differenza... fatecela fare, sta differenza, invece di lamentarvi sempre di presunte quanto inesistenti ingiustizie patite dagli alunni.
herman il lattoniere- Messaggi : 1676
Data d'iscrizione : 15.11.17
Re: Esame primo ciclo
Il problema sono i capiscioni
( Viene qualche dubbio perché è capiscione il genitore, è capiscione il tutor è capiscione l'avvocato...). O il problema è che capaci o capiscioni non vuoi confronti?
( Viene qualche dubbio perché è capiscione il genitore, è capiscione il tutor è capiscione l'avvocato...). O il problema è che capaci o capiscioni non vuoi confronti?
Re: Esame primo ciclo
Direi che non sia fattibile. E che non sia augurabile che lo diventi. Nemmeno per telucetta10 ha scritto:Ire ha scritto:Il problema sono i capiscioni
( Viene qualche dubbio perché è capiscione il genitore, è capiscione il tutor è capiscione l'avvocato...). O il problema è che capaci o capiscioni non vuoi confronti?
Esatto. Il problema è proprio il confronto, e chi lo pretende anche se non ha le credenziali per dare un contributo e crea quindi solo problemi senza risolvere nulla.
Basta ragionare come se non ci avessimo provato: è tempo di bilanci e la situazione, provata e rodata è questa. C'è solo da stabilire se continuare e accelerare lo sfascio o decidersi a cambiare rotta e cacciare i disturbatori, anche a malo modo se serve, visto che non stiamo giocando ma, come giustamente fai notare, abbiamo in mano le sorti del paese, anzi Paese
Re: Esame primo ciclo
No non è possibile perché si pone il problema della valutazione delle credenziali. Chi decide chi le abbia o meno? Che decide se un professionista sia un capiscione o una persona preparata e seria? Chi decide chi sta dentro e chi sta fuori? E se chi decide, un giorno che toccasse a te voler confrontarti sulla tua situazione personale decidesse, in modo totalmente errato, che sei un imbecille solo perché non la pensi come lui e non ti desse la possibilità di fargli presente che tuo figlio reagisce ad un problema in un modo di cui a scuola non si sono accorti e che quel problema potrebbe essere risolto così ...? L'imbecille sarebbe lui, avendo deciso che sei tu.Indovina chi ci perderebbe in questo quadro di chiusura e mancato confronto.
Re: Esame primo ciclo
Sì Ire ma ti ricordo che gli insegnanti per lavorare superano un regolare concorso e poi un anno di formazione, frequentano corsi di aggiornamento e sono tenuti al rispetto di tutta la normativa scolastica.
Al contrario per i genitori non è previsto niente del genere.
La base del dialogo è il riconoscimento della professionalità dell'insegnante e dell'ovvio piano di asimmetria rispetto ad alunni e genitori. Così come non si contesta l'operato del chirurgo o dell'idraulico, salvo errori palesi, allo stesso modo non si può pretendere una contrattazione continua con gli insegnanti su metodi e valutazione, salvo mancato rispetto della normativa. E questo vale per tutti i genitori, che i loro figli abbiano un pdp o meno.
I genitori hanno una visione del figlio necessariamente diversa da quella degli insegnanti, una visione di solito incentrata su un piano affettivo e molto spesso esasperatamente protettiva.
A scuola invece gli alunni sperimentano una dimensione sociale, relazionale ed educativa totalmente diversa da quella della famiglia, nella quale vengono messi a confronto con realtà e con saperi che in famiglia non possono trovare. In questo la scuola ancora oggi è un luogo di apprendimento, inteso in senso lato, diverso dalla famiglia e forse ancora più fondamentale per lo sviluppo delle abilità sociali, oltre che delle competenze.
Purtroppo per molte famiglie la scuola deve essere, al contrario, un prolungamento delle dinamiche familiari; in questa visione i figli anche a scuola devono rimanere sotto una sfera d'influenza della famiglia, devono essere anche a scuola figli, e non alunni.
Anche quando gli alunni sono figli d'insegnanti valgono le stesse considerazioni: il docente deve essere lasciato libero di applicare i propri metodi didattici e i propri criteri di valutazione e di esprimere la propria personalità, così come l'alunno-figlio deve essere lasciato libero di trovare da solo il modo di adattarsi a tali metodi, criteri e personalità. Questa solitudine e questa libertà nell'adattamento rappresentano un potentissimo stimolo alla maturazione e all'emancipazione personale.
Al contrario i genitori spesso vorrebbero imporci la loro visione dei figli, i metodi didattici e valutativi che loro ritengono più opportuni, non capendo che così non aiutano, ma danneggiano i figli. In ogni genitore, compresi i genitori-insegnanti, c'è un "helicopter parent" che vorrebbe proteggere il figlio e spianargli la strada, combattendo le sue battaglie al posto suo. Ma così i figli non crescono.
Al contrario per i genitori non è previsto niente del genere.
La base del dialogo è il riconoscimento della professionalità dell'insegnante e dell'ovvio piano di asimmetria rispetto ad alunni e genitori. Così come non si contesta l'operato del chirurgo o dell'idraulico, salvo errori palesi, allo stesso modo non si può pretendere una contrattazione continua con gli insegnanti su metodi e valutazione, salvo mancato rispetto della normativa. E questo vale per tutti i genitori, che i loro figli abbiano un pdp o meno.
I genitori hanno una visione del figlio necessariamente diversa da quella degli insegnanti, una visione di solito incentrata su un piano affettivo e molto spesso esasperatamente protettiva.
A scuola invece gli alunni sperimentano una dimensione sociale, relazionale ed educativa totalmente diversa da quella della famiglia, nella quale vengono messi a confronto con realtà e con saperi che in famiglia non possono trovare. In questo la scuola ancora oggi è un luogo di apprendimento, inteso in senso lato, diverso dalla famiglia e forse ancora più fondamentale per lo sviluppo delle abilità sociali, oltre che delle competenze.
Purtroppo per molte famiglie la scuola deve essere, al contrario, un prolungamento delle dinamiche familiari; in questa visione i figli anche a scuola devono rimanere sotto una sfera d'influenza della famiglia, devono essere anche a scuola figli, e non alunni.
Anche quando gli alunni sono figli d'insegnanti valgono le stesse considerazioni: il docente deve essere lasciato libero di applicare i propri metodi didattici e i propri criteri di valutazione e di esprimere la propria personalità, così come l'alunno-figlio deve essere lasciato libero di trovare da solo il modo di adattarsi a tali metodi, criteri e personalità. Questa solitudine e questa libertà nell'adattamento rappresentano un potentissimo stimolo alla maturazione e all'emancipazione personale.
Al contrario i genitori spesso vorrebbero imporci la loro visione dei figli, i metodi didattici e valutativi che loro ritengono più opportuni, non capendo che così non aiutano, ma danneggiano i figli. In ogni genitore, compresi i genitori-insegnanti, c'è un "helicopter parent" che vorrebbe proteggere il figlio e spianargli la strada, combattendo le sue battaglie al posto suo. Ma così i figli non crescono.
herman il lattoniere- Messaggi : 1676
Data d'iscrizione : 15.11.17
Re: Esame primo ciclo
Tutto comprensibile, ma sui figli dei genitori, chi sono gli esperti? Sulle loro emozioni, le loro paure, le loro possibilità, il loro ambiente... tutti fattori che influiscono sull'apprendimento.
Il ragazzo non è Marco a scuola o Marco figlio . Il ragazzo è Marco a scuola e Marco figlio e, seppur nel delirio di alcuni genitori (che trova qualche volta specchio nel delirio di alcuni docenti) le informazioni vanno integrate se si vuole ottenere qualcosa.
Naturalmente così come mi permetto di dire: non preoccuparti del momebnto in cui io madre staccherò il cordone con mio figlio, Tu mi devi dire non permetterti di dirmi se il programma che sto facendo è più avanti, più indietro, diverso da quello che sta facendo il mio collega nella clsse del figlio del tuo amico, non permetterti di dirmi che non capisci perchè giovaninno ha dieci anche se ha risposto peggio di tuo figlio cui ho dato otto, o se le domande fatte a filippo erano meno di quelle fatte a tuo figlio. Su queste cose bisogna mettere un fermo indubbiamente, queste cose non sono oggetto di confronto con nessuno. Ma se ti chiedo per quale motivo non permetti la registrazione, o per quale motivo una verifica senza errori di mio figlio non ha ottenuto il massimo dei voti, o se ti dico che è fonte di ansia per il mio ragazzo essere al centro dell'attenzione della classe quando dici che "I DSA possono fare i primi esercizi e tralasciare gli altri, hai capito Marco?" e che questa anzia, che tu hai deciso sia da superare perchè Marco deve crescere, è qualcosa per lui di tanto devastante che ogni mattina vomita prima di venire a scuola........... tu mi devi ascoltare e confrontarti con me per cercare, insieme, di aiutarlo a superare.
Il ragazzo non è Marco a scuola o Marco figlio . Il ragazzo è Marco a scuola e Marco figlio e, seppur nel delirio di alcuni genitori (che trova qualche volta specchio nel delirio di alcuni docenti) le informazioni vanno integrate se si vuole ottenere qualcosa.
Naturalmente così come mi permetto di dire: non preoccuparti del momebnto in cui io madre staccherò il cordone con mio figlio, Tu mi devi dire non permetterti di dirmi se il programma che sto facendo è più avanti, più indietro, diverso da quello che sta facendo il mio collega nella clsse del figlio del tuo amico, non permetterti di dirmi che non capisci perchè giovaninno ha dieci anche se ha risposto peggio di tuo figlio cui ho dato otto, o se le domande fatte a filippo erano meno di quelle fatte a tuo figlio. Su queste cose bisogna mettere un fermo indubbiamente, queste cose non sono oggetto di confronto con nessuno. Ma se ti chiedo per quale motivo non permetti la registrazione, o per quale motivo una verifica senza errori di mio figlio non ha ottenuto il massimo dei voti, o se ti dico che è fonte di ansia per il mio ragazzo essere al centro dell'attenzione della classe quando dici che "I DSA possono fare i primi esercizi e tralasciare gli altri, hai capito Marco?" e che questa anzia, che tu hai deciso sia da superare perchè Marco deve crescere, è qualcosa per lui di tanto devastante che ogni mattina vomita prima di venire a scuola........... tu mi devi ascoltare e confrontarti con me per cercare, insieme, di aiutarlo a superare.
Re: Esame primo ciclo
non so a cosa tu ti riferisca. Io non mi rivolgo mai agli alunni con DSA con frasi del tipo "VOI DSA", ma non li nomino "i dsa" nemmeno con i colleghi, anzi credo di non aver mai usato in classe la sigla "dsa". Gli alunni con dsa hanno diritto ad alcuni strumenti e misure, forse alla mia comprensione, non certo alla mia commiserazione e neanche al mio accanimento. "Poverino è DSA" appartiene al frasario e al pensiero di altre persone, genitori e qualche collega, non certo al mio.
Marco vomita prima di venire a scuola? Mi dispiace, ma quando è così evidentemente c'è un conflitto interiore che al 99% dei casi è alimentato dalle aspettative della famiglia, non da quelle dei docenti: estremizzando un po' per noi docenti c'è "solo" un compito davanti da correggere e valutare, non c'è Marco o la sua famiglia, non ci sono le sue difficoltà né gli strumenti che ha usato durante la verifica. Se gli esercizi svolti correttamente sono 4 su 10 sempre 4 su 10 sono, il "poverino" non aiuta né Marco né il docente che deve valutarlo. Marco torna a casa e dice che l'insegnante di matematica è "cattiva"? La famiglia collaborativa spiega a Marco che l'insegnante non è cattiva, che deve avere fiducia in lei perché è lì per insegnargli le cose, che sta a Marco con il suo impegno farla diventare "buona"; la famiglia media al contrario inveisce contro "quella stronza di matematica". Quale sarà l'atteggiamento verso la matematica di un ragazzo che sente definire così la sua professoressa?
Ti sei mai chiesta cosa voglia dire per un alunno "beccarsi" la certificazione per DSA, magari sollecitata da docenti o dalla famiglia? Nella sua testa vuol dire essere bollato definitivamente come diverso, sensazione che viene aumentata dall'atteggiamento della famiglia in primis, e dalla scuola in secondo ordine.
Ho visto alunni dal rendimento normale o brillante andare in crisi DOPO la certificazione, non certo prima. Se leggi lirbo anziché libro ma riesci a compensare, chi se ne frega della tua dislessia; ma se la tua certificazione ti instrada verso un percorso fatto di differenziazioni, strumenti informatici, caratteri diversi, prove semplificate o ridotte di fatto ti sta emarginando, ti sta considerando persona "non normale".
L'etichetta di "alunno DSA" (non alunno "con" DSA) viene introiettata dal ragazzo e diventa parte del suo modo di essere, deforma in maniera forse definitiva il suo approccio al mondo e la considerazione che ha di sè, per giunta in un'età in cui davvero nessuno sa chi è veramente e tutti hanno bisogno di definire la propria identità. Alunni che non avevano mai avuto bisogno di alcun materiale durante le verifiche dopo la certificazione vengono a piagnucolare di poterle usare. E hai voglia a spiegare che sì, può usarle, ma che no, non ne avrebbe bisogno come non ne aveva mai avuto.
E' la normalità la sfida che la certificazione ostacola anziché facilitare.
Marco vomita prima di venire a scuola? Mi dispiace, ma quando è così evidentemente c'è un conflitto interiore che al 99% dei casi è alimentato dalle aspettative della famiglia, non da quelle dei docenti: estremizzando un po' per noi docenti c'è "solo" un compito davanti da correggere e valutare, non c'è Marco o la sua famiglia, non ci sono le sue difficoltà né gli strumenti che ha usato durante la verifica. Se gli esercizi svolti correttamente sono 4 su 10 sempre 4 su 10 sono, il "poverino" non aiuta né Marco né il docente che deve valutarlo. Marco torna a casa e dice che l'insegnante di matematica è "cattiva"? La famiglia collaborativa spiega a Marco che l'insegnante non è cattiva, che deve avere fiducia in lei perché è lì per insegnargli le cose, che sta a Marco con il suo impegno farla diventare "buona"; la famiglia media al contrario inveisce contro "quella stronza di matematica". Quale sarà l'atteggiamento verso la matematica di un ragazzo che sente definire così la sua professoressa?
Ti sei mai chiesta cosa voglia dire per un alunno "beccarsi" la certificazione per DSA, magari sollecitata da docenti o dalla famiglia? Nella sua testa vuol dire essere bollato definitivamente come diverso, sensazione che viene aumentata dall'atteggiamento della famiglia in primis, e dalla scuola in secondo ordine.
Ho visto alunni dal rendimento normale o brillante andare in crisi DOPO la certificazione, non certo prima. Se leggi lirbo anziché libro ma riesci a compensare, chi se ne frega della tua dislessia; ma se la tua certificazione ti instrada verso un percorso fatto di differenziazioni, strumenti informatici, caratteri diversi, prove semplificate o ridotte di fatto ti sta emarginando, ti sta considerando persona "non normale".
L'etichetta di "alunno DSA" (non alunno "con" DSA) viene introiettata dal ragazzo e diventa parte del suo modo di essere, deforma in maniera forse definitiva il suo approccio al mondo e la considerazione che ha di sè, per giunta in un'età in cui davvero nessuno sa chi è veramente e tutti hanno bisogno di definire la propria identità. Alunni che non avevano mai avuto bisogno di alcun materiale durante le verifiche dopo la certificazione vengono a piagnucolare di poterle usare. E hai voglia a spiegare che sì, può usarle, ma che no, non ne avrebbe bisogno come non ne aveva mai avuto.
E' la normalità la sfida che la certificazione ostacola anziché facilitare.
herman il lattoniere- Messaggi : 1676
Data d'iscrizione : 15.11.17
Re: Esame primo ciclo
Nel 90%d dei casi, e lo dico dati alla mano, sbagli di grosso circa il significato della diagnosi di DSA per un ragazzo.
La diagnosi non arriva mai a ciel sereno, arriva sempre dopo difficoiltà cje fanno pensare al ragazzo di essere stupido, incapace, diverso, brutto e cattivo.
La diagnosi gli fornisce la spiegazione della differenza che vede nel proprio rapporto con il compito scolastico rispetto a quello che vede nei compagni.
Trovata la spiegazione, si trova la soluzione se tutti sono concordi nel gestire le cose secondoo i suoi bisogni.
Che tu non sappia a cosa io mi riferisca non significa che quello cui mi riferisco non esista e crederlo sarebbe come non credere all'esistenza dell'altra faccia della luna. Ogni giorno mi confronto con le situazioni che descrivo e ogni giorno vedo danni o successi a seconda della posizione di scuola e famiglia su alunni che per alcuni momenti della loro vita sono in debito di ossigeno e da soli non ce la fanno.
La diagnosi non arriva mai a ciel sereno, arriva sempre dopo difficoiltà cje fanno pensare al ragazzo di essere stupido, incapace, diverso, brutto e cattivo.
La diagnosi gli fornisce la spiegazione della differenza che vede nel proprio rapporto con il compito scolastico rispetto a quello che vede nei compagni.
Trovata la spiegazione, si trova la soluzione se tutti sono concordi nel gestire le cose secondoo i suoi bisogni.
Che tu non sappia a cosa io mi riferisca non significa che quello cui mi riferisco non esista e crederlo sarebbe come non credere all'esistenza dell'altra faccia della luna. Ogni giorno mi confronto con le situazioni che descrivo e ogni giorno vedo danni o successi a seconda della posizione di scuola e famiglia su alunni che per alcuni momenti della loro vita sono in debito di ossigeno e da soli non ce la fanno.
Re: Esame primo ciclo
herman il lattoniere ha scritto:
Ti sei mai chiesta cosa voglia dire per un alunno "beccarsi" la certificazione per DSA, magari sollecitata da docenti o dalla famiglia? Nella sua testa vuol dire essere bollato definitivamente come diverso, sensazione che viene aumentata dall'atteggiamento della famiglia in primis, e dalla scuola in secondo ordine.
Ho visto alunni dal rendimento normale o brillante andare in crisi DOPO la certificazione, non certo prima.
E anche questa è un'evidenza impopolare e politicamente scorretta che invece bisognerebbe cominciare a evidenziare con forza.
E' da decenni che si sente ripetere come un mantra, da tutti gli inclusivissimi paladini della causa, la surreale panzana secondo cui finalmente, "dopo aver avuto la diagnosi, il ragazzo RIFIORISCE", perché la cosa implicherebbe un enorme sollievo e rassicurazione. La narrazione dominante (non solo quella dei singoli invasati che occasionalmente si vengono a conoscere, ma anche quella dei presunti esperti professionali), sarebbe quella secondo cui prima il ragazzo fosse depresso e disperato perché "non riusciva a capire come si spiegassero le sue difficoltà", perché si sentiva stupido, si sentiva handicappato, o veniva accusato di non avere voglia di studiare, si sentiva "somaro", eccetera... mentre la vittoria di aver ottenuto finalmente una certificazione sarebbe una grande consolazione e momento di rivalsa.
Ma quale ragazzino dovrebbe essere CONTENTO di sentirsi dire: "tu hai un problema strutturale innato e immodificabile dal quale non potrai MAI guarire, e per riuscire ad avere i risultati che desideri, avrai bisogno continuo di strumenti di aiuto speciali rispetto ai tuoi compagni"? Per qualunque bambino o adolescente normale deve essere una botta devastante, non certo una scoperta consolatoria e rafforzatrice dell'autostima! Ma chi ci crede a questa storia?!
L'etichetta di "alunno DSA" (non alunno "con" DSA) viene introiettata dal ragazzo e diventa parte del suo modo di essere, deforma in maniera forse definitiva il suo approccio al mondo
E anche questa ce la dovrebbero spiegare: come è possibile che sia venuto in mente, NON certo ai critici, detrattori o scettici, ma proprio a più appassionati sostenitori della causa, di introdurre e utilizzare a man bassa questa definizione lessicalmente odiosa? Perché si deve dire che "Giovanni E' dsa", invece che dire che "HA un dsa"... o "alunno dsa" invece che "alunno CON" dsa"? E perché lo si deve dire con tanta naturalezza, che quella diventa la prima modalità con cui i ragazzi stessi imparano ad autodefinirsi? Non so per voi, ma per me è veramente spaventoso sentire un tredicenne che dice tranquilamente "io sono un dsa". Come mai è diventato normale?
Mi ricorda quelle che al corso pre-parto dicevano "tanto io SONO un cesareo"... non "dovrò partorire col cesareo" o "avrò bisogno del cesareo", ma proprio "IO SONO un cesareo"... che tristezza.
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
Data d'iscrizione : 31.10.17
Re: Esame primo ciclo
lucetta10 ha scritto:
L'altra insopportabile mistificazione di questa questione, è ignorare VOLUTAMENTE che i disturbi specifici siano tutti nelle famiglie "bene" del mulino bianco, mentre studi dicono che sono più frequenti in contesti deprivati, dove il rapporto con le famiglie non è quello che stucchevolmente si dipinge, ma è problematico e conflittuale... basta dipingere le famiglie come attente a che venga garantita la registrazione! La maggior parte non garantisce il quaderno e non ha a disposizione i capiscioni delle belle famigliole borghesi, ma un buffetto di un neuropsichiatra della mutua una volta l'anno
Io lo sostengo da anni, che uno dei fattori impazziti più determinanti, nella piega che ha preso la situazione... sia stata proprio questo malintesissima visione del dsa come una sorta di "status symbol" in positivo, contrapposto all'idea di disabilità e di sostegno, su cui invece pesa ancora l'idea di stigma.
Nella (solita) narrazione affabulatoria di cui sopra, prima ha influito moltissimo la descrizione pretestuosa dei ragazzi con dsa come creature incantevoli, rigorosamente di intelligenza superiore alla media, e soprattutto di sensibilità e creatività superiori alla media, che vengono ingiustamente sottovalutate e discriminate perché il mondo cinico e materialone non riconosce le loro qualità eccezionali... una sorta di mistica dei "bambini indaco", che ovviamente nasce in ambienti benestanti, borghesi e colti (o pseudocolti), e probabilmente di importazione anglosassone. E poi, a cascata, l'idea che avere una certificazione di dsa (o almeno, essere spedito immediatamente a fare tutti gli accertamenti possibili al minimo dubbio o alla minima difficoltà, anche passeggera) significhi "avere genitori molto attenti e molto amorevoli che tengono molto a seguire bene il figlio", quindi è un punto di affermazione positiva...
Ultima modifica di paniscus_2.1 il Ven Gen 07, 2022 10:45 am - modificato 1 volta.
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
Data d'iscrizione : 31.10.17
Re: Esame primo ciclo
come fa un 90% ad avere un restante 99%?lucetta10 ha scritto:Ire ha scritto:Nel 90%d dei casi, e lo dico dati alla mano, sbagli di grosso circa il significato della diagnosi di DSA per un ragazzo.
La diagnosi non arriva mai a ciel sereno, arriva sempre dopo difficoiltà cje fanno pensare al ragazzo di essere stupido, incapace, diverso, brutto e cattivo.
La diagnosi gli fornisce la spiegazione della differenza che vede nel proprio rapporto con il compito scolastico rispetto a quello che vede nei compagni.
Trovata la spiegazione, si trova la soluzione se tutti sono concordi nel gestire le cose secondoo i suoi bisogni.
Che tu non sappia a cosa io mi riferisca non significa che quello cui mi riferisco non esista e crederlo sarebbe come non credere all'esistenza dell'altra faccia della luna. Ogni giorno mi confronto con le situazioni che descrivo e ogni giorno vedo danni o successi a seconda della posizione di scuola e famiglia su alunni che per alcuni momenti della loro vita sono in debito di ossigeno e da soli non ce la fanno.
e per il restante 99% arriva per segnalazione della scuola, che spesso ha enormi difficoltà a farla passare alla famiglia.
L'altra insopportabile mistificazione di questa questione, è ignorare VOLUTAMENTE che i disturbi specifici siano tutti nelle famiglie "bene" del mulino bianco, mentre studi dicono che sono più frequenti in contesti deprivati, dove il rapporto con le famiglie non è quello che stucchevolmente si dipinge, ma è problematico e conflittuale... basta dipingere le famiglie come attente a che venga garantita la registrazione! La maggior parte non garantisce il quaderno e non ha a disposizione i capiscioni delle belle famigliole borghesi, ma un buffetto di un neuropsichiatra della mutua una volta l'anno
Certo che ci sono quelli che fanno fatica ad accettarlo. E i motivi sono tanti, comprensibili, diffiicilmente condivisibili. Davvero esistono studi che i dsa sono più incidenti in contesti deprivati? Parliamo di incidenza di distrubo o impatto del disturbo sulle prestazioni?
Non è colpa dei ragazzi, non è mia, non è vostra se ci sono famiglie che non garantiscono il quaderno. Per quanto si può c'è chi interviene, qualche volta ci si riesce, qualche volta no ma, a causa di qualcuno che non ha quello che serve per decisione altrui non possiamo certo guardare con diffidenza e schifio quelli che invece sono seguiti e possono usufruire di quello di cui hanno bisogno. "Sono quasi cieca e non ho soldi per un buon paio di occhiali ma che schifo e che vergogna che il mio vicino di casa possa andare in capo al mondo a comprare quelli che servono a lui! quasi quasi sarebbe giusto impedirglelio" Ma che discorsi sono quelli che dicono che "lui ha tutto, ci sarebbe in classe chi ha più bisogno di lui ma la famiglia non lo supporta, che i genitori del primo la smettano un po' di chiedere e chiedere"
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