dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
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herman il lattoniere
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dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
http://www.corriere.it/scuola/secondaria/18_aprile_17/scuola-l-america-fa-dietrofront-competenze-conoscenze-0caa2d30-422e-11e8-9398-f8876b79369b.shtml
herman il lattoniere- Messaggi : 1676
Data d'iscrizione : 15.11.17
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
scusa, ma dove lo leggi "musica, arte e ballo"?
io nell'articolo leggo "storia, scienze, letteratura e arte"
io nell'articolo leggo "storia, scienze, letteratura e arte"
baustelle- Messaggi : 1745
Data d'iscrizione : 24.08.10
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
beh vabbé befree mi perdonerà la battuta innocente, ma forse ha ancora gli occhiali da sole indosso dall'ultima vacanza, legge un po' così. Ma comunque, che esempio sarebbe quello delle competenze misurate sulla lettura dei bugiardini e delle bollette...?? a parte che proprio questi testi sono scritti apposta per non essere capiti da nessuno tranne che per gli addetti ai lavori (e magari si dovrebbe inventare una sorta di "lettura trasversale" per poterli decodificare), ma a me vien da pensare che quando la scuola era la scuola delle conoscenze, avevamo in fondo anche molte competenze, visto che a casa, dopo aver fatto i compiti, bastavano i genitori e la famiglia a farci esercitare su quest'ultimo aspetto.
sempreconfusa1- Messaggi : 6338
Data d'iscrizione : 05.08.11
Località : MA COSA E' SUCCESSO AL FORUM??????
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
Il termine "competenze" è notoriamente un termine vuoto, una parola passepartout dietro la quale c'è il nulla più assoluto a livello scientifico, pedagogico e didattico; la sua assenza di significato, oltre a permettere ai sedicenti esperti di riempire centinaia di tomi, è servita a fornire un appiglio gergale-lessicale-pseudoscientifico a una serie di pratiche didattiche centrate sull'esperienza e sulla facilitazione e che mirano esplicitamente a bandire il ragionamento astratto, l'intuizione, la memorizzazione di nozioni da trasformare in conoscenze, persino la lettura.
Non ci sono competenze senza conoscenze e non ci sono conoscenze senza memorizzazione ed esercizio. Puntare tutto sulle competenze, come è avvenuto negli stati uniti, vuol dire aumentare il divario sociale, come evidenzia la ricerca pubblicata dal corriere: una didattica per competenze e test si traduce inevitabilmente in un impoverimento della didattica che a sua volta comporta un impoverimento del livello culturale e logico di chi, per questioni di censo, non è stimolato a completare in maniera autonoma la propria formazione, ad esempio leggendo.
Non ci sono competenze senza conoscenze e non ci sono conoscenze senza memorizzazione ed esercizio. Puntare tutto sulle competenze, come è avvenuto negli stati uniti, vuol dire aumentare il divario sociale, come evidenzia la ricerca pubblicata dal corriere: una didattica per competenze e test si traduce inevitabilmente in un impoverimento della didattica che a sua volta comporta un impoverimento del livello culturale e logico di chi, per questioni di censo, non è stimolato a completare in maniera autonoma la propria formazione, ad esempio leggendo.
herman il lattoniere- Messaggi : 1676
Data d'iscrizione : 15.11.17
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
herman il lattoniere ha scritto:Il termine "competenze" è notoriamente un termine vuoto, una parola passepartout dietro la quale c'è il nulla più assoluto a livello scientifico, pedagogico e didattico; la sua assenza di significato, oltre a permettere ai sedicenti esperti di riempire centinaia di tomi, è servita a fornire un appiglio gergale-lessicale-pseudoscientifico a una serie di pratiche
sempreconfusa1 ha scritto: ma a me vien da pensare che quando la scuola era la scuola delle conoscenze, avevamo in fondo anche molte competenze, visto che a casa, dopo aver fatto i compiti, bastavano i genitori e la famiglia a farci esercitare su quest'ultimo aspetto.
Ma infatti uno dei punti che sfugge è proprio questo: appunto perché quella di "competenze" è una definizione-ombrello che di per sé non significa niente, e quindi di volta in volta ci si fa rientrare quello che fa più comodo, si è finito col far rientrare nel concetto di "competenze" (da insegnare a scuola) anche quelle che invece dovrebbero essere banali abilità pratiche della vita quotidiana, che fino a pochi anni fa ci si aspettava che venissero insegnate e trasmesse con l'esempio dai genitori, o dal gruppo sociale, ma comunque nella vita privata, fuori dal contesto scolastico. Mi pare che ci sia stata una corsa a "didatticizzare" tutto, in maniera analoga a quella che c'è stata per l'ondata della medicalizzazione (cioè, di considerare competenza del medico qualsiasi cosa che riguardi il nostro organismo, anche quando si tratta di normalissime variazioni individuali rispetto alla media, e non di patologia). Ma trent'anni fa i bambini delle elementari lo imparavano a scuola, a leggere le lancette dell'orologio o i segnali stradali? E i giovani (a meno di non aver fatto un istituto professionale per contabili o segretarie) lo imparavano a scuola, a riempire un bollettino postale?...
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
Data d'iscrizione : 31.10.17
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
Negli anni novanta chiedevo ai ragazzi più competenza che mera conoscenza (per mera conoscenza intendo il vuoto nozionismo). Nelle verifiche scritte ho sempre fatto (e continuo a fare) solo quesiti a risposta breve aperta.
Tra questi quesiti (in genere una decina) alcuni erano strettamente nozionistici, altri puntavano ad accertare la competenza. Competenza per come la intendo io, ovvero l'uso deduttivo delle conoscenze per formulare un concetto o inquadrare un caso pratico.
A metà degli anni novanta ricordo che una ragazza, durante una correzione, mi disse che "facevo domande strane". Al di là di queste chicche, chi studiava riusciva a rispondere, magari si poteva incontrare una difficoltà generale nel rispondere un quesito che richiedeva un particolare livello di astrazione, che, in ogni modo, non pregiudicava il profitto. Anzi, era un modo per far emergere certe capacità, quelle differenziano un livello di eccellenza da uno di stretta o piena sufficienza. E allora insegnavo in un professionale per l'agricoltura.
Negli ultimi 15 anni le cose sono precipitate. L'evoluzione generale mi ha costretto a rimuovere le "domande strane", perché sono pochissimi quelli in grado di rispondere.
Competenza? Se dovessi verificare l'effettiva competenza farei un macello ad ogni verifica e, sinceramente, non me la sento. Mi capita perciò di dare un voto alto per premiare più l'impegno e il rispetto delle consegne che una competenza vera e propria. Domande fondamentalmente nozionistiche, perché se vado oltre il nozionismo mi perdo molti ragazzi che, pur impegnandosi, non riescono comunque ad andare oltre un semplice ragionamento deduttivo. Purtroppo capita spesso e volentieri che una risposta sia corretta e valutata positivamente perché è una riformulazione o una ripetizione di una definizione data nel libro di testo, ma poi, da altre risposte, mi rendo conto che l'alunno sa ripetere ma non ha capito una beata mazza di quello che ha memorizzato.
La cosa che mi sconforta di più sono le rimostranze per una valutazione di stretta sufficienza di una risposta apparentemente ineccepibile ma concettualmente inadeguata. In questi casi mi sento rispondere "ma nel libro c'è scritto così". È vero, nel libro "c'è scritto così", ma quella definizione non è ben contestualizzata e andrebbe inquadrata in una dovuta analisi. Insomma, non acquisisci il concetto, bensì memorizzi una sequenza di parole.
Sono pienamente cosciente di questi limiti operativi, perciò a lezione amplio le definizioni, forse anche troppo, facendo le analisi del testo, gli opportuni collegamenti, gli approfondimenti utili più a rafforzare l'apprendimento di un concetto che a fornire conoscenze più ampie. Ma poi, tra chi diteggia sul cellulare, chi parla con il compagno, chi nel pieno della spiegazione di un concetto ti chiede se può andare al bagno o al bar (da noi abbiamo il bar interno), chi sta svolgendo un esercizio di matematica mentre spieghi biologia, ecc. salta fuori che la maggior parte studia un mese e mezzo dopo quella spiegazione, in vista della verifica, limitandosi a memorizzare sequenze di parole senza capirci un cacchio e senza ricordare nulla di quello che ha detto e fatto quel figurante che blatera e gesticola come un pazzo davanti ai banchi.
E così saltano fuori chicche come quelle che i meridiani sono delle linee immaginarie "verticali", che la latitudine è la distanza di un punto "all'equatore" (benedette preposizioni, altro che congiuntivi...) o che il trasporto attivo di membrana si attua con un "dispendio" di energia. Esatto, dispendio, perché nel libro c'è scritto proprio "dispendio" in luogo di "spesa".
Va be', tiriamo a campare, che è meglio.
Tra questi quesiti (in genere una decina) alcuni erano strettamente nozionistici, altri puntavano ad accertare la competenza. Competenza per come la intendo io, ovvero l'uso deduttivo delle conoscenze per formulare un concetto o inquadrare un caso pratico.
A metà degli anni novanta ricordo che una ragazza, durante una correzione, mi disse che "facevo domande strane". Al di là di queste chicche, chi studiava riusciva a rispondere, magari si poteva incontrare una difficoltà generale nel rispondere un quesito che richiedeva un particolare livello di astrazione, che, in ogni modo, non pregiudicava il profitto. Anzi, era un modo per far emergere certe capacità, quelle differenziano un livello di eccellenza da uno di stretta o piena sufficienza. E allora insegnavo in un professionale per l'agricoltura.
Negli ultimi 15 anni le cose sono precipitate. L'evoluzione generale mi ha costretto a rimuovere le "domande strane", perché sono pochissimi quelli in grado di rispondere.
Competenza? Se dovessi verificare l'effettiva competenza farei un macello ad ogni verifica e, sinceramente, non me la sento. Mi capita perciò di dare un voto alto per premiare più l'impegno e il rispetto delle consegne che una competenza vera e propria. Domande fondamentalmente nozionistiche, perché se vado oltre il nozionismo mi perdo molti ragazzi che, pur impegnandosi, non riescono comunque ad andare oltre un semplice ragionamento deduttivo. Purtroppo capita spesso e volentieri che una risposta sia corretta e valutata positivamente perché è una riformulazione o una ripetizione di una definizione data nel libro di testo, ma poi, da altre risposte, mi rendo conto che l'alunno sa ripetere ma non ha capito una beata mazza di quello che ha memorizzato.
La cosa che mi sconforta di più sono le rimostranze per una valutazione di stretta sufficienza di una risposta apparentemente ineccepibile ma concettualmente inadeguata. In questi casi mi sento rispondere "ma nel libro c'è scritto così". È vero, nel libro "c'è scritto così", ma quella definizione non è ben contestualizzata e andrebbe inquadrata in una dovuta analisi. Insomma, non acquisisci il concetto, bensì memorizzi una sequenza di parole.
Sono pienamente cosciente di questi limiti operativi, perciò a lezione amplio le definizioni, forse anche troppo, facendo le analisi del testo, gli opportuni collegamenti, gli approfondimenti utili più a rafforzare l'apprendimento di un concetto che a fornire conoscenze più ampie. Ma poi, tra chi diteggia sul cellulare, chi parla con il compagno, chi nel pieno della spiegazione di un concetto ti chiede se può andare al bagno o al bar (da noi abbiamo il bar interno), chi sta svolgendo un esercizio di matematica mentre spieghi biologia, ecc. salta fuori che la maggior parte studia un mese e mezzo dopo quella spiegazione, in vista della verifica, limitandosi a memorizzare sequenze di parole senza capirci un cacchio e senza ricordare nulla di quello che ha detto e fatto quel figurante che blatera e gesticola come un pazzo davanti ai banchi.
E così saltano fuori chicche come quelle che i meridiani sono delle linee immaginarie "verticali", che la latitudine è la distanza di un punto "all'equatore" (benedette preposizioni, altro che congiuntivi...) o che il trasporto attivo di membrana si attua con un "dispendio" di energia. Esatto, dispendio, perché nel libro c'è scritto proprio "dispendio" in luogo di "spesa".
Va be', tiriamo a campare, che è meglio.
Tiria- Messaggi : 755
Data d'iscrizione : 21.06.17
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
Tiria ha scritto: (...). Competenza (...), ovvero l'uso deduttivo delle conoscenze per formulare un concetto o inquadrare un caso pratico.
quoto al 100%
catiusciagr- Messaggi : 1803
Data d'iscrizione : 21.10.12
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
Befree2 ha scritto:Le competenze nascono dalle conoscenze. Non quelle appiccicate nella memoria a breve termine degli studenti di oggi ma quelle approfondite, rielaborate e sedimentate del nostro metodo di studio di allora,fatto di tanto studio e compiti da soli a casa.
Se qui però a sostituire le materie "spicce " e tecniche con arte musica e teatrino come l articolo fa intendere direi che si passa dalla padella alla brace
Dipende da come si affronta lo studio di arte musica teatro ("teatrino" è brutto).
La lettura (non mera lettura) de <La locandiera> di Goldoni è tempo perso?
E <Così è se vi pare> di Pirandello ?
catiusciagr- Messaggi : 1803
Data d'iscrizione : 21.10.12
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
ma che vor dì? che si nasce già imparati, come si suol dire? Non penso. Certo abbiamo potenzialità differenti. Personalmente, credo che la curiosità aiuti moltissimo, e stimolare ad esserlo favorisce. Se non avessi avuto la curiosità di seguire fratelli più grandi forse qualcosina in meno avrei appreso, o la avrei appresa in tempi più lunghi.
Detto ciò, non è che stia affermando che la curiosità si possa insegnare; piuttosto mi limito a dire che certi esempi, e soprattutto in famiglia possono aiutare o meno, favorire o meno.
Poi ci sono anche quelli che, fortuna loro, partono già di molto avvantaggiati, certamente.
Detto ciò, non è che stia affermando che la curiosità si possa insegnare; piuttosto mi limito a dire che certi esempi, e soprattutto in famiglia possono aiutare o meno, favorire o meno.
Poi ci sono anche quelli che, fortuna loro, partono già di molto avvantaggiati, certamente.
sempreconfusa1- Messaggi : 6338
Data d'iscrizione : 05.08.11
Località : MA COSA E' SUCCESSO AL FORUM??????
Re: dall'america il dietrofront: basta competenze, ritorniamo alle conoscenze
Mi sono tirata giù gli articoli originali e segnalo sopratttutto questo:
Non ho tempo di tradurre tutto, perché sono appena tornata dal ricevimento dei genitori e sono sfranta, ma il concetto è abbastanza chiaro:
dopo decenni di adattamenti dei testi di lettura, costruiti su misura sul livello più basso possibile perché i ragazzini potessero imparare a gestirseli in automatico come animaletti ammaestrati, perfino i massimi guru dell'organizzazione nazionale per la valutazione, in pratica un super-INVALSI americano, si sono convinti che questo abbia fatto DANNI agli alunni, e in particolare a quelli che erano già culturalmente svantaggiati per ragioni familiari.
Hanno ammesso che ricerche più recenti, condotte con metodo scientifico, sulle statistiche dei risultati degli anni precedenti (quindi, non semplice psicofuffa, ma analisi di dati statistici duri e puri) mostrano che la logica degli "obiettivi minimi" si sia rivelata fallimentare.
Cioè, che le abilità di comprensione del testo e di ragionamento matematico migliorano quando si propongono agli alunni degli esercizi e delle verifiche di livello PIU' DIFFICILE di quello che si presume tagliato su misura per loro, perché li induce a sviluppare curiosità, a cercare l'approfondimento e in definitiva a impegnarsi di più...
...mentre, al contrario, a forza di proporre ai ragazzi delle consegne sempre più semplificate, e a forza di proporre consegne ANCORA più semplificate a quelli che sono indicati come studenti in difficoltà, non si fa altro che peggiorare la situazione.
Ovviamente in Italia è ancora peggio, nel senso che all'ossessione patologica per la valutazione e per i test oggettivi, si sovrappone anche quella per il coccolamento mammesco e per il diritto assoluto dello studente a non sentirsi mai frustrato, contrariato e "affossato nell'autostima", e a non sentirsi mai richiedere di fare qualcosa che non gli riesce, o più semplicemente che non gli va di fare... cosa che negli Stati Uniti è un po' meno pressante.
E comunque l'ultimo punto è illuminante: si teme sinceramente che il mondo della scuola "non sia pronto" a cambiare sistema e ritornare a un insegnamento più solido di conoscenze e di contenuti perché "it’s clear that most have been trained to in methods that aren’t supported by research, and that many are resistant to change",
Ossia, perché ormai, per troppi anni, le nuove leve degli insegnanti (che sono nel pieno dell'attività adesso), sono state formate così, abilitate così e indottrinate così, e non conoscono altro modo di insegnare se non quello.
Se anche volessero provarci, a ritornare a insegnare le conoscenze e i contenuti, non saprebbero nemmeno da dove cominciare, perché tutto il loro percorso di studi e di tirocinio per diventare insegnanti è stato improntato sul martellamento ossessivo secondo cui insegnare le nozioni è il Male Assoluto...
In fact (...) recent research indicates that students actually learn more from reading texts that are considered too difficult for them—in other words, those with more than a handful of words and concepts a student doesn't understand.
What struggling students need is guidance from a teacher in how to make sense of texts designed for kids at their respective grade levels—the kinds of texts those kids may otherwise see only on standardized tests, when they have to grapple with them on their own.
That view was endorsed by Marilyn Jager Adams, a cognitive and developmental psychologist who is a visiting scholar at Brown University. “Giving children easier texts when they’re weaker readers,” she said during the panel discussion, “serves to deny them the very language and information they need to catch up and move on.”
(...)
The NAEP is a valuable educational barometer, but it’s important to understand that while standardized tests can identify a problem, they can’t provide the answer to it.
While some elementary teachers have embraced the approach advocated by the NAEP panel, it’s clear that most have been trained to in methods that aren’t supported by research, and that many are resistant to change. The University of Illinois’s Shanahan noted that when he speaks to teachers around the country, they’re aghast at the idea of giving struggling readers grade-level books—even when their state’s literacy standards call for doing so."
Non ho tempo di tradurre tutto, perché sono appena tornata dal ricevimento dei genitori e sono sfranta, ma il concetto è abbastanza chiaro:
dopo decenni di adattamenti dei testi di lettura, costruiti su misura sul livello più basso possibile perché i ragazzini potessero imparare a gestirseli in automatico come animaletti ammaestrati, perfino i massimi guru dell'organizzazione nazionale per la valutazione, in pratica un super-INVALSI americano, si sono convinti che questo abbia fatto DANNI agli alunni, e in particolare a quelli che erano già culturalmente svantaggiati per ragioni familiari.
Hanno ammesso che ricerche più recenti, condotte con metodo scientifico, sulle statistiche dei risultati degli anni precedenti (quindi, non semplice psicofuffa, ma analisi di dati statistici duri e puri) mostrano che la logica degli "obiettivi minimi" si sia rivelata fallimentare.
Cioè, che le abilità di comprensione del testo e di ragionamento matematico migliorano quando si propongono agli alunni degli esercizi e delle verifiche di livello PIU' DIFFICILE di quello che si presume tagliato su misura per loro, perché li induce a sviluppare curiosità, a cercare l'approfondimento e in definitiva a impegnarsi di più...
...mentre, al contrario, a forza di proporre ai ragazzi delle consegne sempre più semplificate, e a forza di proporre consegne ANCORA più semplificate a quelli che sono indicati come studenti in difficoltà, non si fa altro che peggiorare la situazione.
Ovviamente in Italia è ancora peggio, nel senso che all'ossessione patologica per la valutazione e per i test oggettivi, si sovrappone anche quella per il coccolamento mammesco e per il diritto assoluto dello studente a non sentirsi mai frustrato, contrariato e "affossato nell'autostima", e a non sentirsi mai richiedere di fare qualcosa che non gli riesce, o più semplicemente che non gli va di fare... cosa che negli Stati Uniti è un po' meno pressante.
E comunque l'ultimo punto è illuminante: si teme sinceramente che il mondo della scuola "non sia pronto" a cambiare sistema e ritornare a un insegnamento più solido di conoscenze e di contenuti perché "it’s clear that most have been trained to in methods that aren’t supported by research, and that many are resistant to change",
Ossia, perché ormai, per troppi anni, le nuove leve degli insegnanti (che sono nel pieno dell'attività adesso), sono state formate così, abilitate così e indottrinate così, e non conoscono altro modo di insegnare se non quello.
Se anche volessero provarci, a ritornare a insegnare le conoscenze e i contenuti, non saprebbero nemmeno da dove cominciare, perché tutto il loro percorso di studi e di tirocinio per diventare insegnanti è stato improntato sul martellamento ossessivo secondo cui insegnare le nozioni è il Male Assoluto...
paniscus_2.1- Messaggi : 5373
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