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Didattica per competenze, no ad un metodo assoluto: il docente è libero

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Messaggio Da Procopio Dom Apr 28, 2019 9:45 am

Promemoria primo messaggio :

Riporto qui un brano tratto da un articolo letto su Internet: inutile dire che condivido in pieno l'asserto virgolettato.
Però con una sola nota di rammarico che sottopongo l'attenzione dei tutti: ma veramente il Collegio Docenti è sovrano (o esso stesso è manovrato dal DS che agisce "serrando e disserrando le chiavi")?
“Noi insegnanti abbiamo il diritto e il dovere di replicare ricordando e ricordandoci che il collegio dei docenti è sovrano. Non può esistere un metodo assoluto, bisogna lasciare al singolo insegnante la libertà di scegliere quello che la sua professionalità ritiene più adatto alle esigenze della classe”, prosegue Carosotti.
Ecco il link all'articolo:
https://www.tecnicadellascuola.it/didattica-per-competenze-il-docente-e-libero-no-ad-un-metodo-assoluto?fbclid=IwAR1KW15pvQtjm-qgqn_CX3YVDgMSWLeT3ZyaMhzBIdeuBa09jzdH3c7cBV8

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Messaggio Da mario60 Mar Mag 14, 2019 8:55 pm

Jason85 ha scritto: A quel punto non sarebbe meglio fare percorsi modulari/tematici per creare vera coscienza critica e amen se non sanno cosa è la guerra dei 30 anni?

Entro certi limiti temporali (non puoi fare storia del '900 in prima, e quella greca in quinta), credo che tu possa organizzare un programma secondo una tale impostazione modulare/tematica. La domanda è: come esattamente?

ciao
m.

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Messaggio Da herman il lattoniere Dom Mag 19, 2019 7:35 am

Riguardo alla didattica per competenze, sulle quali si assiste a un'offensiva da parte del ministero, degli editori di libri scolastici e di tutta la mainstream pedagogica, la prima cosa che c'è da dire, che piaccia o meno (a me non piace) è che l'espressione viene interpretata in maniera molto varia, tanto varia da far sospettare i maligni come me che sia totalmente vuota di significato. Didattica per competenze può infatti essere quella del docente che con i propri alunni crea innovazioni reali nei sistemi robotici, come quella di compiti autentici alquanto discutibili proposti su libri delle elementari, come questo https://www.raffaelloscuola.it/images/img/compiti-di-realta-1.jpg
Per quello che ho capito io è la didattica per competenze nelle intenzioni vorrebbe essere una didattica che, come recita il simpatico Jason, metta al riparo gli alunni dallo studio mnemonico e nozionistico "della scuola di una volta" (espressione fantasmatica usata sia dai suoi detrattori che dai sostenitori) e, al contrario, insegni loro le cose "vere e utili", immediatamente spendibili, contrapposte alle cose "false e inutili" che le scuole hanno sempre insegnato da millenni. Insomma delle imprecisate "competenze" contrapposte alle vecchie e barbose "conoscenze”. Anche se i sostenitori della didattica per competenza lo negano strenuamente, di fatto questa espressione è contrapposta al concetto di conoscenza intesa come somma di informazioni che devono ancora essere elaborate per essere spese e quindi, per estensione, al concetto stesso di “cultura”.
Gli esempi concreti di "didattica per competenze" si trovano facilmente nei libri scolastici. Nel vecchio libro scolastico, ad esempio, si studiava Giotto, biografia, opere, importanza nella storia dell’arte ecc. Nei nuovi libri scolastici invece Giotto potrebbe essere il pretesto per proporre il problema dell’ organizzazione di una bella gita agli Scrovegni: come se conoscere l’arte di Giotto di per sé non bastasse, come se fosse roba per barbogi inadatti al mondo d’oggi che cambia in continuazione.
La didattica per competenze si esplica quindi in rutilanti “compiti di realtà” o “compiti autentici”, come se invece lo studio, la conoscenza, di per sé fossero qualcosa di falso; una versione 2.0 dei vecchi problemini con un surplus di inverosimiglianza e di inutile complicazione, come nel caso di un compito di realtà comminato dalle mie colleghe di matematica in cui si chiedeva all’undicenne di prima media di scegliere tra tre diverse piscine per lui e la nonna (di cui viene precisata anche l’età, 72 anni) in base a orari, costi, distanze ecc. . La prova ha avuto un esito mediamente disastroso.

Con i “compiti di realtà” per l’ennesima volta la scuola assume un ruolo di supplenza rispetto alle carenze delle famiglie, che avvolgono i propri figli nella bambagia digitale riparandoli da qualsiasi minimo compito o necessità di muovere culo e cervello: non dico fare la spesa all’estinguendo ortolano, facendosi dare il mitico resto, ma anche rifarsi un letto, scaldarsi il latte, tagliarsi la carne, allacciarsi le scarpe, tenere in ordine le proprie cose, dividere delle caramelle con gli amici ecc.
Se la mitica “competenza” (o al plurale competenze) è davvero la capacità di mettere in pratica in una situazione concreta le informazioni apprese –oserei dire, se non fosse troppo antiquato, di spendere la propria cultura-, si tratta di una merce che non si è mai appresa a scuola, la quale storicamente ha invece sempre fornito i prerequisiti per le competenze, ovvero le conoscenze. Non sarò mai competente in un lavoro pur basso se non ho imparato prima a parlare, leggere, scrivere, far di conto, comportarmi: anche attraverso le noiose e mnemoniche tabelline, i faticosi esercizi di riassunto, oserei dire persino le note sul diario.
La scuola dovrebbe fornire degli input indispensabili, costruire uno strumentario base che sta a ciascun alunno o studente rielaborare e imparare ad applicare nelle infinite situazioni che affronteranno. I sostenitori della didattica per competenze, al contrario, sotto sotto sono convinti che la scuola debba insegnare ad operare e non stimolare a pensare. Cosa che si sposa molto bene con l’attuale evoluzione del panorama del lavoro in Italia, dove vengono sempre più richieste figure esecutive, poco qualificate e che pongano poche domande, da pagare poco, e sempre meno figure dotate di una visione a tutto tondo.

Insomma la didattica per competenze è tutto sommato l’espressione di un pensiero totalitario, che pensa di controllare in maniera pervasiva le modalità di apprendimento / maturazione dell’alunno e orientarle in senso economicistico.
Per non parlare del fatto che la didattica per competenze, almeno per come viene fatta nella maggior parte dei casi e unita a una concezione sempre più frammentaria e tecnicistica del sapere, che viene inculcata sin dalle elementari, si traduce in un nozionismo ancora più esasperato di prima, che separa e distacca le nozioni anziché unirle e stimolare al ragionamento. Con i ragazzi delle medie capita spessissimo che siano pochi quelli in grado di rispondere a una domanda formulata diversamente su un’informazione appena spiegata o letta, pochissimi quelli che spontaneamente sappiano fare collegamenti tra varie discipline; mentre sono quasi tutti bravissimi a ripetere a memoria la pappardella. La didattica per competenze infatti si traduce in genere in una fortissima facilitazione e compartimentazione delle prove, che disabitua sin dalle elementari gli alunni a fare quello scatto di pensiero che gli consenta di risolvere il problema che, invece, si vuole teleguidato. Posto di fronte a un problema l’alunno medio della scuola media (ma presuppongo sia così anche in altri ordini) non sa che pesci prendere, come se davanti all’ostacolo non sapesse se doverlo scalare, aggirare o trovare un’altra soluzione.

Per quanto mi riguarda in sede di collegio, unica pecora nera, ho espresso la mia obiezione all’obbligo di adeguarsi a questa ineffabile didattica per competenza e a proporre compiti di realtà. I miei “compiti di realtà” li faccio quotidianamente, con molte tecniche didattiche diverse, e consistono nel tentare di far smuovere i cervelli dei ragazzi, ormai sempre più pigri, digitalizzati, incapaci di usare le informazioni in contesti diversi o di saperle cercare e riorganizzare in maniera critica. Le domande che iniziano con “secondo te…” li mettono in crisi: e io ne faccio continuamente. Insomma nel mio piccolo cerco di fargli mettere qualcosa di loro, sempre: tutto il contrario di chi pensa di preconfezionare tutto, dalle modalità di apprendimento ai “compiti” reali o meno da svolgere. La didattica per competenze viene dalla stessa matrice culturale dei test a crocetta, del processo di apprendimento lineare e chiuso, delle programmazioni che seguono schemi deterministici per cui, se organizzi bene tutta l’unità di apprendimento, tutta la classe avrà fatto proprio l’argomento: compreso l’ultimo della classe che di studiare non ha la minima voglia e che è colpa tua se abbandonerà la scuola.



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Messaggio Da mario60 Dom Mag 19, 2019 10:56 am

herman il lattoniere ha scritto:Riguardo alla didattica per competenze, sulle quali si assiste a un'offensiva da parte del ministero, degli editori di libri scolastici e di tutta la mainstream pedagogica,
[...]
Per non parlare del fatto che la didattica per competenze, [...] si traduce in un nozionismo ancora più esasperato di prima, che separa e distacca le nozioni anziché unirle e stimolare al ragionamento. Con i ragazzi delle medie capita spessissimo che siano pochi quelli in grado di rispondere a una domanda formulata diversamente su un’informazione appena spiegata o letta, pochissimi quelli che spontaneamente sappiano fare collegamenti tra varie discipline; mentre sono quasi tutti bravissimi a ripetere a memoria la pappardella. La didattica per competenze infatti si traduce in genere in una fortissima facilitazione e compartimentazione delle prove, che disabitua sin dalle elementari gli alunni a fare quello scatto di pensiero che gli consenta di risolvere il problema che, invece, si vuole teleguidato. Posto di fronte a un problema l’alunno medio della scuola media (ma presuppongo sia così anche in altri ordini) non sa che pesci prendere, come se davanti all’ostacolo non sapesse se doverlo scalare, aggirare o trovare un’altra soluzione.

[...] La didattica per competenze viene dalla stessa matrice culturale dei test a crocetta, del processo di apprendimento lineare e chiuso, delle programmazioni che seguono schemi deterministici per cui, se organizzi bene tutta l’unità di apprendimento, tutta la classe avrà fatto proprio l’argomento: compreso l’ultimo della classe che di studiare non ha la minima voglia e che è colpa tua se abbandonerà la scuola.
(enfasi aggiunta)

Grato di un aiuto a individuare i testi e/o autori che hanno formulato questa 'didattica per competeze'; e i documenti principali mediante cui si è sviluppata l "offensiva da parte del ministero". Interessato a capire se, secondo i partecipanti a questo forum, sia una riformulazione del nozionismo della scuola italana, o un tentativo, per quanto calato dall'alto e con qualche ipocrisia, di contrasto al nozionismo.

Interessanti la considerazione che "la didattica per competenze [venga] dalla stessa matrice culturale dei test a crocetta, del processo di apprendimento lineare e chiuso, delle programmazioni che seguono schemi deterministici" Grato di una elaborazione su questo.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Dom Mag 19, 2019 1:33 pm

mario60 ha scritto: Interessato a capire se, secondo i partecipanti a questo forum, sia una riformulazione del nozionismo della scuola italana, o un tentativo, per quanto calato dall'alto e con qualche ipocrisia, di contrasto al nozionismo.

Per quanto mi riguarda, non è nessuna delle due: è solo una spinta a rendere l'insegnamento più vago e superficiale possibile (anche in un'ottica "commerciale" di gratificazione immediata ed effimera del cliente, piuttosto che della sua formazione complessiva a lungo termine), deresponsabilizzando lo studente e disabituandolo completamente a un atteggiamento di concentrazione, rigore e coerenza nel percorso di apprendimento, ma deresponsabilizzando anche l'insegnante, che a sua volta viene indotto a sentirsi moderno, illuminato e figo per aver proposto agli alunni il percorso didattico sfizioso e alternativo, invece che la noiosa lezione trasmissiva tradizionale.

Almeno, il cosiddetto vecchio "nozionismo", per quanto discutibile per molti aspetti, sottintendeva un'abitudine sistematica all'impegno, all'esercizio della memoria, all'attenzione ai dettagli, alla costanza e tenacia di ripetere più volte le letture finché non si fosse certi di aver capito realmente, di ripetere più volte gli esercizi finché il risultato non fosse convincente, a rileggere quello che si era scritto, e tanti altri dettagli di questo genere, che non è che fossero proprio da buttare.

Poi, ovviamente, esisteva il pericolo (che comunque esiste anche con qualsiasi metodo alternativo e innovativo) che una buona parte di studenti si limitasse a impararsi tutto a memoria in maniera acritica, ma non era certo quello l'obiettivo dell'insegnamento, né la sua caratteristica principale deliberata. Anzi, era tipicamente un atteggiamento disapprovato e non certo esaltato: anche 40 anni fa esisteva l'abitudine diffusa di premiare chi era in grado di "fare collegamenti", di ricordare a lungo termine i riferimenti significativi, e di rielaborare autonomamente ciò che aveva appreso; chi imparava tutto a memoria e ripeteva la pappardella uguale al libro o uguale alla lezione, senza un briciolo di riflessione personale, magari prendeva sempre la sufficienza e veniva promosso, ma non erano certo quelli che venivano premiati con esiti eccellenti.

In definitiva, almeno era chiaro il concetto che esistesse un corpus di conoscenze organico e coerente, in cui riconoscere collegamenti e consequenzialità, e su cui spaziare per ricostruire ragionamenti autonomi.

Invece, la presunta nuova didattica per competenze, di fatto, caldeggia l'atteggiamento di apprendere svolazzando di fiore in fiore, un assaggino di informazione di qua e uno di là, una carrellata velocissima senza mai approfondire troppo, e finalizzata solo a un obiettivo di utilità immediata.

Al contrario di quello che si sostiene, a me sembra molto più probabile che sia proprio con questo sistema, che le conoscenze apprese si dimentichino subito, e che non si riconoscano quando si ripresentano di nuovo.

In pratica, io penso che il rischio di apprendimento acritico a memoria sia praticamente lo stesso, sia con la cosiddetta vecchia didattica nozionistica, sia con quella moderna e accattivante, perché si tratta di un atteggiamento che dipende soprattutto dal carattere e dalle inclinazioni personali dello studente o dalle aspettative della famiglia, e non dalle richieste effettive della scuola; solo che, almeno, la prima portava a esercitare certe capacità generali di organizzazione intellettuale che poi sarebbero state utili comunque, mentre la seconda nemmeno quelle...

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Messaggio Da mario60 Dom Mag 19, 2019 6:30 pm

paniscus_2.1 ha scritto:

Per quanto mi riguarda, non è nessuna delle due: ..... .

Grazie dell'utile contributo. Di queste cose si può (e in un certo senso si deve) discutere all'infinito. La mia impressione è che a un nozionismo aulico e comunque a impronta fortemenete concettuale, liceale nel senso classico del termine,  si voglia sostituire e si stia sostituendo  un nozionismo pragmatico, di nozioni pratiche per la vita personale e sociale, sostanzialmente estraneo alla preoccupazione di far comprendere e introdurre alle modalità profonde della comprensione intellettuale del reale.  Quindi, questa delle competenze è un cambiamento negativo, e che non è facile contrastare, anche perché in sintonia con altri elementi dei tempi presenti.

Sarei molto più problematico invece su "atteggiamento' degli studenti+famiglie e responsabilità della docenza. Il meglio della riflessione italiana sulla Scuola, dalla fine '800 a tutti gli anni '60 del secolo scorso, è sempre stata consapevole delle derive nozionistiche del corpo insegnante italiano, come corpo autoreferenziale che trasmette un sapere fissato, e - magari con sottile disdegno - accetta la ripetizione a memoria come condizione normale della relazione didattica;  gran parte di quello che hanno scritto i vari Attivisti (versione nazionale e forse superiore del Costruttivismo di oltre oceano) si può leggere come un variegato tentativo di immaginare un'altra normalità.

Direi che abbiamo una matrice data da due coppie di contrari: Concettuale vs. Pragmatico, e Trasmissivo vs. Costruttivo
 Concettuale Pragmatico
Trasmissivopaniscus_2.1MIUR
Costruttivomario60 scuola USA

:-) :-) :-)


Ultima modifica di mario60 il Dom Mag 19, 2019 6:45 pm - modificato 3 volte.

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Messaggio Da mario60 Dom Mag 19, 2019 6:40 pm

balanzoneXXI ha scritto:Poi qualcuno mi dovra' spiegare come si fa a tradurre una versione di Tacito, a risolvere un problema di matematica, ad analizzare un testo letterario , " studiando a memoria". Ai Distruttori giova fornire della scuola  " vecchio stile" un' immagine caricaturale,distorta.

Molto giusto, ma hai preso gli unici due esempi  di problem solving della scuola classica italiana, peraltro non in grande auge negli ultimi 20/30 anni. Niente di simile in tutte le disciplline a impianto storico (le storie delle letterature varie, dell'arte, della  filosofia, della pedagogia, + ovviamente storia stessa ), e poco o nulla nelle scienze + fisica, di solito insegnate in stile neo-aristotelismo, per dogmi e autorità che il mondo giri così.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Dom Mag 19, 2019 7:55 pm

mario60 ha scritto: e poco o nulla nelle scienze + fisica, di solito insegnate in stile neo-aristotelismo, per dogmi e autorità che il mondo giri così.

Io ho l'impressione nettissima che chi dice così, non solo non capisca niente personalmente di scienze e di fisica, ma non abbia neanche la più pallida idea di come vengono insegnate davvero... e che si sia inventato una narrazione su misura per farsi tornare le proprie conclusioni ideologiche, che non hanno alcun appiglio con la realtà.

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Messaggio Da mac67 Dom Mag 19, 2019 8:07 pm

mario60 ha scritto:Niente di simile in tutte le disciplline a impianto storico (le storie delle letterature varie, dell'arte, della  filosofia, della pedagogia, + ovviamente storia stessa ), e poco o nulla nelle scienze + fisica, di solito insegnate in stile neo-aristotelismo, per dogmi e autorità che il mondo giri così.

Forse ai tuoi tempi, il tuo docente (la mia di sicuro) si "accontentava" di farti ripetere. Oggi non più, almeno al liceo scientifico (hai sentito che c'è la prova mista matematica+fisica quest'anno?).

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Messaggio Da mario60 Lun Mag 20, 2019 1:33 pm

mac67 ha scritto:
mario60 ha scritto:Niente di simile in tutte le disciplline a impianto storico (le storie delle letterature varie, dell'arte, della  filosofia, della pedagogia, + ovviamente storia stessa ), e poco o nulla nelle scienze + fisica, di solito insegnate in stile neo-aristotelismo, per dogmi e autorità che il mondo giri così.

Forse ai tuoi tempi, il tuo docente (la mia di sicuro) si "accontentava" di farti ripetere. Oggi non più, almeno al liceo scientifico (hai sentito che c'è la prova mista matematica+fisica quest'anno?).

La fisica in Italia ha una storia nobile, importante, e la mia personale esperienza è che i colleghi di fisica hanno in genere idee e commenti sulla Scuola e questioni didattiche fondati, razionalmente critici e condivisibili.
Un paio che conosco meglio sono piuttosto contrariati dalle nuove indicazioni (ormai di qualche anno?) che pretendono di coprire i temi alquanto ardui della fisica del '900, che anche io -ignorante di Fisica- so del tutto al di fuori della possibilità di comprensione reale di uno studente pre-universitario. Mi sbaglio? Se è così, una qualche forma di 'credi perché è importante' deve essere la via di uscita per svolgere certi temi. Non so bene cosa potrà uscire dal nuovo esame Mat+Fis, di cui non ho avuto occasione di occuparmi.

(se qualcuno mi indica dei testi su motivi, dibattito e valutazioni dei cambiamenti recenti nell'insegnamento della fisica in Italia, gliene sono grato, Per una volta, google non mi aiuta)




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Messaggio Da mario60 Lun Mag 20, 2019 1:34 pm

franco71 ha scritto:@mario: nella precedente schermata scrivi:
"un aiuto ad aggiornarmi, nel gergo recente, cosa si intede per 'didattica per competenze'?"
In questa schermata parli con disinvoltura di problem solving e teorie pedagogiche.
Se non sono invadente, sei un docente in pensione o altro?

non proprio, ma assimilabile, storia lunga
m.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Lun Mag 20, 2019 8:16 pm

mario60 ha scritto:Un paio che conosco meglio sono piuttosto contrariati dalle nuove indicazioni (ormai di qualche anno?) che pretendono di coprire i temi alquanto ardui della fisica del '900, che anche io -ignorante di Fisica- so del tutto al di fuori della possibilità di comprensione reale di uno studente pre-universitario. Mi sbaglio? Se è così,  una qualche forma di 'credi perché è importante' deve essere la via di uscita per svolgere certi temi.

Io ho appena finito di spiegare i concetti fondamentali della relatività ristretta a una quinta liceo scientifico (che peraltro non è neanche mai stata particolarmente brillante). Assicuro che non c'è stato nessun bisogno di richiedere un atto di fede o un'obbedienza al principio di autorità: nessuno ha avuto il sia pur minimo problema ad accettare l'idea degli intervalli di tempo dilatati, una volta messo in chiaro il concetto fondamentale che i valore numerico della velocità della luce non si somma con nessun'altra velocità e rimane sempre lo stesso in qualsiasi sistema di riferimento... e che questo è un dato di fatto SPERIMENTALE, che è stato osservato in laboratorio, e non un postulato filosofico.

Ammetto che spiegare alcuni aspetti controintuitivi della meccanica quantistica sia più arduo, ma anche in quel caso, si parte sempre dal mettere bene in chiaro che, all'inizio, si trattava di una necessità concreta di spiegare fenomeni apparentemente contraddittori, che però venivano osservati nella realtà, non di un volo di fantasia creativa o di una fissazione ideologica. L'effetto fotoelettrico esiste, l'effetto Compton esiste, la formazione delle righe spettrali esiste, e così via, e per descrivere quelli si rese necessario modificare la teoria precedente in modo da mantenere comunque la coerenza con le leggi classiche.

In pratica, tutto parte sempre dalla descrizione di fenomeni reali che creano l'esigenza di un nuovo sviluppo della teoria, non certo da qualcuno che si inventa lo sfizio di creare una nuova teoria strampalata senza appigli con la realtà!

Non mi sono mai sognata di chiedere ai miei alunni di crederci per fede senza capire.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Lun Mag 20, 2019 11:40 pm

Comunque si stava parlando di tutt'altro.

Ossia, il discorso era partito dalla provocazione di qualcuno che, pur dichiarando esplicitamente di non sapere niente di fisica, si era permesso:

a) di giudicare quali argomenti della fisica sarebbero alla portata di uno studente liceale e quali no,

b) di sentenziare che lo sanno tutti che in Italia la fisica sarebbe diffusamente insegnata con metodi "aristotelici" basati sul fideismo, sul principio di autorità, e sull'inevitabile apprendimento acritico a memoria.

Per tale interlocutore, mi limito a osservare che, se lui non capisce la fisica, non vuol dire automaticamente che non possa capirla (quasi) nessun altro, e non vuol dire che non esistano modi ragionevoli di presentarla in maniera efficace, pur con determinati limiti, agli studenti del triennio delle superiori.

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Messaggio Da sempreconfusa1 Mar Mag 21, 2019 12:44 am

mario60 ha scritto:
franco71 ha scritto:@mario: nella precedente schermata scrivi:
"un aiuto ad aggiornarmi, nel gergo recente, cosa si intede per 'didattica per competenze'?"
In questa schermata parli con disinvoltura di problem solving e teorie pedagogiche.
Se non sono invadente, sei un docente in pensione o altro?

non proprio, ma assimilabile, storia lunga
m.

inoltre stai aprendo molti topic ultimamente...tempo libero devi averne parecchio.
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Messaggio Da mario60 Mar Mag 21, 2019 10:48 pm

paniscus_2.1 ha scritto:
mario60 ha scritto:Un paio che conosco meglio sono piuttosto contrariati dalle nuove indicazioni (ormai di qualche anno?) che pretendono di coprire i temi alquanto ardui della fisica del '900, che anche io -ignorante di Fisica- so del tutto al di fuori della possibilità di comprensione reale di uno studente pre-universitario. Mi sbaglio? Se è così,  una qualche forma di 'credi perché è importante' deve essere la via di uscita per svolgere certi temi.

Io ho appena finito di spiegare i concetti fondamentali della relatività ristretta a una quinta liceo scientifico (che peraltro non è neanche mai stata particolarmente brillante). Assicuro che non c'è stato nessun bisogno di richiedere un atto di fede o un'obbedienza al principio di autorità: nessuno ha avuto il sia pur minimo problema ad accettare l'idea degli intervalli di tempo dilatati, una volta messo in chiaro il concetto fondamentale che i valore numerico della velocità della luce non si somma con nessun'altra velocità e rimane sempre lo stesso in qualsiasi sistema di riferimento... e che questo è un dato di fatto SPERIMENTALE, che è stato osservato in laboratorio, e non un postulato filosofico.

Ammetto che spiegare alcuni aspetti controintuitivi della meccanica quantistica sia più arduo, ma anche in quel caso, si parte sempre dal mettere bene in chiaro che, all'inizio, si trattava di una necessità concreta di spiegare fenomeni apparentemente contraddittori, che però venivano osservati nella realtà, non di un volo di fantasia creativa o di una fissazione ideologica. L'effetto fotoelettrico esiste, l'effetto Compton esiste, la formazione delle righe spettrali esiste, e così via, e per descrivere quelli si rese necessario modificare la teoria precedente in modo da mantenere comunque la coerenza con le leggi classiche.

In pratica, tutto parte sempre dalla descrizione di fenomeni reali che creano l'esigenza di un nuovo sviluppo della teoria, non certo da qualcuno che si inventa lo sfizio di creare una nuova teoria strampalata senza appigli con la realtà!

Non mi sono mai sognata di chiedere ai miei alunni di crederci per fede senza capire.

Non saprei. Non mi avventuro nella fisica del '900, o come e quanto essa sia sviluppata inducendo più o meno direttamente da fatti sperimentali. Ma fammi fare un esempio di geometria euclidea del piano. Chiaramente se io presento proposizione e dimostrazione del primo criterio di congruenza non mi appello a un atto di fede degli studenti, ma personalmente non assumo nemmeno che lo studente che mi ripeta -anche senza errori- proposizione e dimostrazione abbia capito alcunché. La sua comprensione di quella porzione di geometria del piano incomincio a verificarla se, senza avergliele illustrate, cerco di indurlo a formulare da solo proposizione e dimostrazione degli altri due criteri di congruenza, e vedo un po' come se la cava. Ovviamente un presupposto è che la mia illustrazione del primo criterio non è tanto la trasmissione di una verità che va conosciuta, ma l'esempio di un metodo (razionalmente giustificato) per affrontare problemi di una certa tipologia. Come fare questo è ovviamente dove incominciano le discussioni di metodologia didattica, e dove il fallimento è più facile. Ora, nel caso della fisica del '900 ho qualche dubbio che sia possibile illustrare qualcosa e poi proporre altre situazioni problematiche da far affrontare, stante l'estrema complessità della fisica del '900, in particolare della componente matematica. Se mi sbaglio, meglio.


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Messaggio Da mario60 Mar Mag 21, 2019 11:02 pm

paniscus_2.1 ha scritto: era partito dalla provocazione di qualcuno  

mi chiamo Mario :-)

ovviamente niente di personale, e spero reciprocamente.
(e non mi hai commentato la mia, un poco molto scherzosa, un poco seria, tabellina 2x2)
m.


Ultima modifica di mario60 il Mer Mag 22, 2019 12:01 am - modificato 2 volte.

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Messaggio Da mario60 Mar Mag 21, 2019 11:09 pm

paniscus_2.1 ha scritto:non vuol dire che non esistano modi ragionevoli di presentarla in maniera efficace, pur con determinati limiti, agli studenti del triennio delle superiori.

Sicuramente, ma entrando nel concreto: come esattamente, e con quali limiti? (curiosità sincera)

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Messaggio Da paniscus_2.1 Mer Mag 22, 2019 8:49 am

mario60 ha scritto: Chiaramente se io presento proposizione e dimostrazione del primo criterio di congruenza non mi appello a un atto di fede degli studenti, ma personalmente non assumo nemmeno che lo studente che mi ripeta -anche senza errori- proposizione e dimostrazione abbia capito alcunché. La sua comprensione  di quella porzione di geometria del piano incomincio a verificarla se, senza avergliele illustrate, cerco di indurlo a formulare da solo proposizione e dimostrazione degli altri due criteri di congruenza, e vedo un po' come se la cava.

Perché tu parti dal presupposto che gli unici metodi accettabili siano quelli costruttivisti, e che qualsiasi pratica didattica che abbia un aspetto "trasmissivo" sia una specie di crimine, mentre io non la penso affatto così. : - )

Il che non vuol dire che io escluda i metodi costuttivisti e che sostenga solo la lezione frontale, semplicemente penso che si possa tranquillamente trovare un certo equilibrio di entrambi (e magari anche qualche altro spunto ancora diverso), ma non riesco ad accettare questa fissazione secondo cui la trasmissione diretta sia il Male Assoluto. Che ti piaccia o no, in qualsiasi contesto umano (e magari anche in altre specie animali) è sempre stato normalissimo che chi ha più conoscenza e più esperienza trasmetta informazioni a chi ancora non le conosce... e non vedo perché mai adesso debba essere diventato qualcosa di cui ci si debba vergognare.

Quanto ai metodi costruttivisti come quello descritto da te, credo sinceramente che possano funzionare, ma non sempre, non in tutti gli argomenti, e soprattutto che non possano essere generalizzati come UNICA strategia. In particolare, ritengo che funzionino abbastanza bene per attività di laboratorio vere e proprie, o comunque per i moduli didattici più applicativi, ma che non sia giusto generalizzarli ovunque rinunciando completamente all'aspetto del rigore formale e del'astrazione di pensiero. Altrimenti, per verificare le proprietà di congruenza dei triangoli, basterebbe prendere un righello e misurarli volta per volta, ma lo scopo dell'insegnamento della geometria non è (solo) quello.

Io ho usato qualcosa di molto simile, ad esempio, per un modulo didattico sui teoremi della trigonometria applicata (cioè, i teoremi sulla risoluzione completa dei triangoli e dei quadrilateri, anche irregolari, li ho fatti direttamente ricavare dagli alunni, invece di enunciarglieli prima)... però si trattava di una classe quarta, che le basi della geometria elementare e delle proprietà degli angoli le aveva già, e si trattava di un solo modulo particolare, nel programma di tutto l'anno.

Se si dovesse aspettare che qualsiasi proprietà matematica, qualsiasi legge fisica, qualsiasi proprietà sintattica di una lingua o qualsiasi concetto filosofico, gli studenti, se li ricavassero sempre da soli, evitando qualsiasi atteggiamento "trasmissivo" come se fosse una bestemmia... beh, innanzi tutto ci vorrebbero tempi dilatati all'infinito, e poi si avrebbe come conseguenza inevitabile una banalizzazione estrema dei contenuti, che non trovo opportuna.

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Messaggio Da mario60 Mer Mag 22, 2019 11:57 am

paniscus_2.1 ha scritto:
mario60 ha scritto: Chiaramente se io presento proposizione e dimostrazione del primo criterio di congruenza non mi appello a un atto di fede degli studenti, ma personalmente non assumo nemmeno che lo studente che mi ripeta -anche senza errori- proposizione e dimostrazione abbia capito alcunché. La sua comprensione  di quella porzione di geometria del piano incomincio a verificarla se, senza avergliele illustrate, cerco di indurlo a formulare da solo proposizione e dimostrazione degli altri due criteri di congruenza, e vedo un po' come se la cava.

Perché tu parti dal presupposto che gli unici metodi accettabili siano quelli costruttivisti, e che qualsiasi pratica didattica che abbia un aspetto "trasmissivo" sia una specie di crimine, mentre io non la penso affatto così. : - )

Il che non vuol dire che io escluda i metodi costuttivisti e che sostenga solo la lezione frontale, semplicemente penso che si possa tranquillamente trovare un certo equilibrio di entrambi (e magari anche qualche altro spunto ancora diverso), ma non riesco ad accettare questa fissazione secondo cui la trasmissione diretta sia il Male Assoluto. Che ti piaccia o no, in qualsiasi contesto umano (e magari anche in altre specie animali) è sempre stato normalissimo che chi ha più conoscenza e più esperienza trasmetta informazioni a chi ancora non le conosce... e non vedo perché mai adesso debba essere diventato qualcosa di cui ci si debba vergognare.

Quanto ai metodi costruttivisti come quello descritto da te, credo sinceramente che possano funzionare, ma non sempre, non in tutti gli argomenti, e soprattutto che non possano essere generalizzati come UNICA strategia. In particolare, ritengo che funzionino abbastanza bene per attività di laboratorio vere e proprie, o comunque per i moduli didattici più applicativi, ma che non sia giusto generalizzarli ovunque rinunciando completamente all'aspetto del rigore formale e del'astrazione di pensiero. Altrimenti, per verificare le proprietà di congruenza dei triangoli, basterebbe prendere un righello e misurarli volta per volta, ma lo scopo dell'insegnamento della geometria non è (solo) quello.

Io ho usato qualcosa di molto simile, ad esempio, per un modulo didattico sui teoremi della trigonometria applicata (cioè, i teoremi sulla risoluzione completa dei triangoli e dei quadrilateri, anche irregolari, li ho fatti direttamente ricavare dagli alunni, invece di enunciarglieli prima)... però si trattava di una classe quarta, che le basi della geometria elementare e delle proprietà degli angoli le aveva già, e si trattava di un solo modulo particolare, nel programma di tutto l'anno.

Se si dovesse aspettare che qualsiasi proprietà matematica, qualsiasi legge fisica, qualsiasi proprietà sintattica di una lingua o qualsiasi concetto filosofico, gli studenti, se li ricavassero sempre da soli, evitando qualsiasi atteggiamento "trasmissivo" come se fosse una bestemmia... beh, innanzi tutto ci vorrebbero tempi dilatati all'infinito, e poi si avrebbe come conseguenza inevitabile una banalizzazione estrema dei contenuti, che non trovo opportuna.

Si, probabilmente abbiamo due convinzioni di fondo diverse. Io sono però più tollerante: benché creda che i 'metodi costruttivisti'  possano funzionare sempre, per  tutti gli argomenti, e che possano essere generalizzati come unica  strategia e che sarebbe molto interessante/doveroso avere corsi con docenti tutti costruttivisti, con programmi, formulazioni degli esami di Stato e ogni elemento organizzativo e curricolare formualto in ottica costruttivista (ma vedi nota),  non escludo che possa essere legittimo avere corsi tutti trasmissivi. La mia domanda era però più semplice: anche in ottica trasmissiva, la fisica del '900 non è comuque troppo complessa per dei ragazzi di 18/19 anni?, e non sarebbe comunque opportuno accettare che coprire meglio e solo la fisica classica (nel senso del paragrafo di questa voce di wikipedia) nei tre anni sarebbe più che sufficiente?


\nota. ovviamente qui, per spirito di discussione, parliamo  come se fosse chiaro e ben definito cosa siano i metodi costruttivi, ma certo non è così, personalmente lo considero un insieme di considerazioni, preoccupazioni e preferenze variegate, e che sia un  un lavoro lungo e difficile svolgere formulare  cosa effettivamente fare nelle situazioni reali tenendone conto.
\nota perché pensi che 'rigore formale e del'astrazione di pensiero' siano meglio o solo assicurati dal 'metodo trasmissivo'?

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