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Messaggio Da Ospite Gio Gen 03, 2019 12:49 pm

A guardare la storia dell’istruzione italiana in questi ultimi decenni sembra che le riforme per migliorare la condizione della scuola siano state sempre fallimentari, altrimenti non si spiegherebbe il susseguirsi di riforme delle riforme.
Sulle spalle degli insegnanti sono passate leggi, leggine e riforme intestate a questo o a quel ministro in carica che cambiando venivano cambiate. Tutto è partito con “Luigi Berlinguer, che annunciò uno stravolgimento, ma poi arrivarono un nuovo governo e una nuova riforma che portava il nome dell’allora ministra all’Istruzione Letizia Moratti, la quale con un colpo di coda nel 2003 abrogò la legge quadro di Berlinguer e si fece la sua, contestatissima, e che conteneva l’abolizione dell’esame di licenza elementare, la riduzione del “tempo scuola”, nuovi programmi di storia, geografia e scienza, l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, la dualità tra sistema dei licei e la formazione professionale, e puntava sulle famose tre “i” berlusconiane, inglese, informatica e impresa.
Poi arrivarono prima Fioroni, che nel breve interregno Prodi fece in tempo solo a stabilire che il debito formativo doveva essere recuperato entro l’inizio del nuovo anno scolastico, e dopo Mariastella Gelmini.
La contestatissima ministra dell’Istruzione del quarto governo Berlusconi tagliò la spesa per l’istruzione riducendo il numero di insegnanti. Un’ora di scuola tornò di nuovo a durare 60 minuti ma vennero ridotte le ore di lezione complessive, ricomparve il maestro unico e per i docenti migliori veniva previsto un premio di produttività. Era il 2008, oggi le modalità per stimolare gli insegnanti sembrano gli stessi.”
Infine la “Buona scuola” di Renzi, che di buono non aveva proprio nulla, a parte per i DS a cui veniva dato un potere incondizionato attraverso la chiamata diretta degli insegnanti.
Ancora oggi, con il nuovo governo M5S-Lega, nulla è cambiato per i docenti, a parte l’eliminazione della chiamata diretta e l’abolizione degli ambiti. Certamente sono cose molto importanti dal punto di vista normativo ma quello che manca è ancora una volta il riconoscimento sociale della categoria.
Esiste anche l’aspetto del riconoscimento del “prestigio” sociale e dell’alta funzione dell’insegnamento, che non possono prescindere da una maggiore tutela giuridica nei confronti degli aggressori verbali e fisici del corpo docente e da un adeguamento degli stipendi alla media europea. E non è un caso che negli indicatori sul peso sociale degli insegnanti (Global Teacher Status Index) l’Italia si piazzi solo al 13esimo posto. Solo il 3% degli intervistati ammette “con certezza” che gli studenti nutrano rispetto verso chi sta dietro la cattedra.
I nostri studenti risultano in effetti tra i più irrispettosi d’Europa verso i propri insegnanti. Ma circa il 75% degli intervistati sostiene che i prof dovrebbero essere pagati in base ai risultati degli studenti. Questo governo, se si vuole distinguere dai suoi predecessori, dovrebbe riformare soprattutto questi ultimi due aspetti.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Gio Gen 03, 2019 1:51 pm

lucetta10 ha scritto:...non dimentichiamoci la simpatica commediola del grembiulino!

A proposito, è antropologicamente interessante notare come questo dettaglio (che non solo era irrilevante, ma anche FALSO, nel senso che la sua esistenza sia sempre rimasta attestata solo come chiacchiera in libertà in un'intervista informale, senza mai diventare una norma ufficiale) sia diventato praticamente il più noto e il più radicato ricordo della riforma Gelmini nella cultura popolare e nella memoria del grande pubblico.

All'epoca c'era cascata pure mia madre, che era in pensione da poco, ma che aveva lavorato a scuola per tutta la vita, e che sapeva benissimo che le eventuali norme sull'abbigliamento a scuola e sul materiale didattico competono ai regolamenti interni dei singoli istituti e non sono oggetto di legge nazionale. Nonostante questo, si premurò immediatamente di buttare via soldi per comprare valanghe di grembiulini ai nipoti (senza prima chiedere a noi genitori se fossero davvero richiesti). Di fronte all'argomentazione che, in effetti, non erano richiesti, continuava a insistere ostinatamente che invece dovevano essere richiesti per forza, e che eravamo noi quelli disinformati, perché "lo sanno tutti che la Gelmini li ha fatti diventare obbligatori". Dopo qualche esperienza personale di accompagnamento e recupero dei nipoti da scuola, e dopo aver constatato che effettivamente, in quell'istituto, i grembiuli non li aveva nessuno, si preoccupò addirittura che la scuola potesse aver commesso un'irregolarità violando la legge.

E tuttora c'è una marea di gente (di tutte le età) che è sinceramente convinta che il grembiulino sia tuttora obbligatorio, perché il ministero l'ha dichiarato obbligatorio qalche anno fa. Quelli che si ricordano i tagli demenziali all'organico o all'orario di didattica, sono molti di meno...

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Messaggio Da paniscus_2.1 Gio Gen 03, 2019 3:38 pm

lucetta10 ha scritto:Senza volare alto fino al CCNL, basti citare la fantomatica "circolare" annunciata dal ministro Bussetti sui compiti per le vacanze. Qualcuno sa indicare un numero di protocollo? Proprio ieri una amica di famiglia sui sessanta mi redarguiva sulle disposizioni ministeriali in materia!

Mi pregio di aggiungere una perla della Giannini, di qualche anno fa, ossia la mitica "abolizione della tesina" all'esame di stato.

Come si potesse fare ad abolire una cosa che non era mai stata prevista e regolamentata da nessuna legge, ma era sempre stata solo una prassi informale diffusa e non obbligatoria, lo devo ancora capire.

E infatti mi aspetto che qualcosa di molto ma molto simile alle tesine (anche se magari con un nome diverso) continuerà a sopravvivere alla grande, anche con le nuove tornate di esami.

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Messaggio Da Scuola70 Gio Gen 03, 2019 4:45 pm

Personalmente io non faccio dipendere la mia motivazione all'insegnamento dal fatto di essere pagato di più e ritengo che sia una cosa molto triste far dipendere la motivazione a dare il sapere da qualcosa di mercenario come i soldi. Il sapere non è merce di scambio. Se mi importavano i soldi, avrei fatto l'avvocato, il banchiere, il notaio, non certo l'insegnante.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Gio Gen 03, 2019 6:05 pm

Scuola70 ha scritto:Personalmente io non faccio dipendere la mia motivazione all'insegnamento dal fatto di essere pagato di più e ritengo che sia una cosa molto triste far dipendere la motivazione a dare il sapere da qualcosa di mercenario come i soldi. Il sapere non è merce di scambio. Se mi importavano i soldi, avrei fatto l'avvocato, il banchiere, il notaio, non certo l'insegnante.

Quindi pure tu, dopo tutti questi anni di lamentazioni, ti riveli favorevole alla visione MISSIONARIA dell'insegnamento.

Un fenomeno!

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Messaggio Da Ospite Gio Gen 03, 2019 7:37 pm

Scuola70 ha scritto:Personalmente io non faccio dipendere la mia motivazione all'insegnamento dal fatto di essere pagato di più e ritengo che sia una cosa molto triste far dipendere la motivazione a dare il sapere da qualcosa di mercenario come i soldi. Il sapere non è merce di scambio. Se mi importavano i soldi, avrei fatto l'avvocato, il banchiere, il notaio, non certo l'insegnante.
La sera, a tavola, i figli dicono frasi come questa: «Noi non insegneremo mai, non vogliamo finire come voi».  Ma si sa molti insegnanti hanno un’autentica passione che impedisce loro di mollare, nonostante tutto: troppi anni di studi e di sacrifici per raggiungere il traguardo dell’insegnamento… La felicità di insegnare come indennità che non compare in busta paga: sottopagati rispetto ai colleghi europei e sempre meno motivati giacché all'antica questione degli stipendi si sommano disagi e tensioni innescate dall'autonomia.
Chi aspira a diventare un insegnante sogna di essere un intellettuale della formazione, come l'insegnante di Lettere, ma poi di fatto diventa «un missionario dell'istruzione»: moltissimi per forza e qualcuno, come te perché si sente missionaria.
Docenti che aspirano a un ruolo da protagonista nei progetti, ma sono mortificati da straordinari irrisori. Sono preda di un'ebbrezza da sperimentazione, che peggiora la scuola e crea dissapori fra colleghi. Il clima nei corridoi è teso. Invidie per lo staff del dirigente, colleghi additati come «capetti», guerre fra poveri per la spartizione del Fondo scolastico. Un equilibrio precario, come gli effetti delle decisioni politiche piovute sulla scuola negli ultimi anni.
Siamo i peggio pagati d'Europa, ma non siamo certo i peggiori. E pure quando gli insegnanti in famiglia sono due, se ci sono figli, la frustrazione raddoppia perché è triste dover girare tutta la vita con una auto utilitaria semiscassata.
Ci trattano da impiegati perché solo noi, ormai, ci vediamo come intellettuali della formazione, ma gli intellettuali hanno sempre sofferto la fame. Se scioperano i camionisti è un problema, se scioperano i medici è un problema, se scioperiamo noi chi se ne frega, anzi le casse dello stato gioiscono. Tra la mia prima busta paga, 143 mila lire nel '70 e i 1.400 euro di oggi c’è una differenza al ribasso.
La scuola è ancora quella dell'altroieri, burocratica, tante idee e niente soldi. Invece di spiegarci il nostro mestiere, ministri, dirigenti e genitori dovrebbero cominciare a valutarci per quello che siamo. Professionisti dell'educazione.

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Messaggio Da gugu Gio Gen 03, 2019 7:47 pm

giobbe ha scritto: Invidie per lo staff del dirigente, colleghi additati come «capetti»,


Ma vivi questa situazione nella tua scuola?
Perché io conosco molti più docenti che vogliono arrivare alle 07:59 e andare via alle 13:01 (o prima, visto che si lamentano anche di avere buchi nell'orario) piuttosto che entrare nello staff e fare innumerevoli ore in più pagate nulla.
Sei certo di quello che scrivi? Perché se hai iniziato ad insegnare nel 1970 probabilmente sei in pensione da molto tempo...
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Messaggio Da paniscus_2.1 Gio Gen 03, 2019 9:33 pm

giobbe ha scritto:Siamo i peggio pagati d'Europa, ma non siamo certo i peggiori. E pure quando gli insegnanti in famiglia sono due, se ci sono figli, la frustrazione raddoppia perché è triste dover girare tutta la vita con una auto utilitaria semiscassata

Da questo punto di vista, francamente, mi sento vaccinatissima ed è altrettanto vaccinata tutta la mia famiglia, dal momento che siamo sempre stati molto chiari sull'avversione assoluta al consumismo come status symbol (soprattutto, al consumismo di stampo automobilistico e/o digitale).

E' verissimo che io vado in giro con un'utilitaria vecchia e semiscassata (anzi, ci vado in giro anche il meno possibile, perché in città mi muovo felicemente senza)... ma il punto è che andrei in giro con quella ugualmente, ANCHE se guadagnassi il doppio, perché considero l'automobile esclusivamente come un banale strumento tecnico, e non come un oggetto di compiacimento esibizionistico o come un simbolo sociale.

E dal punto di vista etico verso l'ambiente, considero un vero e proprio crimine cambiare automobile spesso, anche quando quella vecchia funziona ancora bene, indipendentemente da quanti soldi si hanno; e quindi mi sarei comunque tenuta quella vecchia per più anni possibile, anche se avessi avuto a disposizione molti più soldi.

Semmai li spenderei per altro, di più interessante, ma non certo per comprarmi la macchina più bella in quanto tale: non ci trovo assolutamente nulla di triste o di frustrante, ad andare in giro con quella modesta, che funziona bene lo stesso.

Pensare di doversi vergognare davanti ai propri figli per il fatto di non avere la macchina abbastanza ganza, è veramente tristissimo.

Ma dal punto di vista etico ed educativo, NON economico.

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Messaggio Da sempreconfusa1 Ven Gen 04, 2019 12:48 am

giobbe ha scritto:
La sera, a tavola, i figli dicono frasi come questa: «Noi non insegneremo mai, non vogliamo finire come voi».  
(...)
Siamo i peggio pagati d'Europa, ma non siamo certo i peggiori. E pure quando gli insegnanti in famiglia sono due, se ci sono figli, la frustrazione raddoppia perché è triste dover girare tutta la vita con una auto utilitaria semiscassata.
Ci trattano da impiegati perché solo noi, ormai, ci vediamo come intellettuali della formazione, ma gli intellettuali hanno sempre sofferto la fame. Se scioperano i camionisti è un problema, se scioperano i medici è un problema, se scioperiamo noi chi se ne frega, anzi le casse dello stato gioiscono. Tra la mia prima busta paga, 143 mila lire nel '70 e i 1.400 euro di oggi c’è una differenza al ribasso.
La scuola è ancora quella dell'altroieri, burocratica, tante idee e niente soldi. Invece di spiegarci il nostro mestiere, ministri, dirigenti e genitori dovrebbero cominciare a valutarci per quello che siamo. Professionisti dell'educazione.

Per la verità, molti figli dicono lo stesso avendo genitori operai, oppure agricoltori (non grandi proprietari ovviamente), allevatori, etc etc...perché la fatica a costi bassi non fa molta gola, diciamocela tutta...non lo faceva un tempo, e nella società attuale ultra consumista ancora meno.
Neanche l'onestà ha più molta presa: se devi restare povero perché poco incline a certe pratiche affaristiche di scambio ben oliato, diventi un po' fesso, o sfigato, agli occhi dei più. Così è se vi pare.

relativamente al discorso apparenza, e utilitaria scassata, la penso come paniscus, ma la definizione di professionisti mi piace; tuttavia affiancandola al termine di educatore ne sottolineo una certa  pericolosità di demandare alla scuola ciò che dovrebbe essere principalmente il compito della famiglia, ed è bene che questo venga sempre ribadito: genitori educate i vostri figli, la scuola non è una tata.
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Messaggio Da Ospite Ven Gen 04, 2019 10:30 am

gugu ha scritto:
giobbe ha scritto: Invidie per lo staff del dirigente, colleghi additati come «capetti»,


Ma vivi questa situazione nella tua scuola?
Perché io conosco molti più docenti che vogliono arrivare alle 07:59 e andare via alle 13:01 (o prima, visto che si lamentano anche di avere buchi nell'orario) piuttosto che entrare nello staff e fare innumerevoli ore in più pagate nulla.
Sei certo di quello che scrivi? Perché se hai iniziato ad insegnare nel 1970 probabilmente sei in pensione da molto tempo...
Prermesso che quello che dice ognuno di noi lo dice esclusivamente sulla base delle proprie esperienze personali, mi meraviglio come tu ti possa sorprendere per quello che dico atteso che su questo stesso forum le lamentele in tal senso sono dilaganti. In generale, per quello che ne so, un precario vuole l'immissione in ruolo anche in capo al mondo. Fermo restando che dopo aver preso servizio le studia tutte per ritornare il più possibile a casa. Preciso che lo fa "secondo legge", altrimenti qualcun altro me lo puntualizza subito. Questi insegnanti, e non solo, cercano di evitare qualsiasi altro carico lavorativo. Poi ci sono gli insegnanti con il lavoro sotto casa, da tempo stabilizzati nella stessa scuola e della quale conoscono tutti i meccanismi. Questi ultimi cercano di arraffare quanti pi spiccioli è possibile partecipando a tutti i progetti, incarichi, ecc. Anzi, a volte se li creano di motu proprio i progetti.
Per quanto riguarda poi l'aspirazione a fare parte dello staff dirigenziale basta ricordarti che la ruffianeria è una delle caratteristiche della razza umana e che gli italiani, specialmente quelli del sud (e io sono del sud...), sono storicamente ruffiani.

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Messaggio Da Ospite Ven Gen 04, 2019 10:46 am

sempreconfusa1 ha scritto:
giobbe ha scritto:
La sera, a tavola, i figli dicono frasi come questa: «Noi non insegneremo mai, non vogliamo finire come voi».  
(...)
Siamo i peggio pagati d'Europa, ma non siamo certo i peggiori. E pure quando gli insegnanti in famiglia sono due, se ci sono figli, la frustrazione raddoppia perché è triste dover girare tutta la vita con una auto utilitaria semiscassata.
Ci trattano da impiegati perché solo noi, ormai, ci vediamo come intellettuali della formazione, ma gli intellettuali hanno sempre sofferto la fame. Se scioperano i camionisti è un problema, se scioperano i medici è un problema, se scioperiamo noi chi se ne frega, anzi le casse dello stato gioiscono. Tra la mia prima busta paga, 143 mila lire nel '70 e i 1.400 euro di oggi c’è una differenza al ribasso.
La scuola è ancora quella dell'altroieri, burocratica, tante idee e niente soldi. Invece di spiegarci il nostro mestiere, ministri, dirigenti e genitori dovrebbero cominciare a valutarci per quello che siamo. Professionisti dell'educazione.

Per la verità, molti figli dicono lo stesso avendo genitori operai, oppure agricoltori (non grandi proprietari ovviamente), allevatori, etc etc...perché la fatica a costi bassi non fa molta gola, diciamocela tutta...non lo faceva un tempo, e nella società attuale ultra consumista ancora meno.
Neanche l'onestà ha più molta presa: se devi restare povero perché poco incline a certe pratiche affaristiche di scambio ben oliato, diventi un po' fesso, o sfigato, agli occhi dei più. Così è se vi pare.

relativamente al discorso apparenza, e utilitaria scassata, la penso come paniscus, ma la definizione di professionisti mi piace; tuttavia affiancandola al termine di educatore ne sottolineo una certa  pericolosità di demandare alla scuola ciò che dovrebbe essere principalmente il compito della famiglia, ed è bene che questo venga sempre ribadito: genitori educate i vostri figli, la scuola non è una tata.
Ho evidenziato la tua frase che dimostra come ignori l'excursus storico di tale fenomeno. Nel dopoguerra e fino agli anni settanta i contadini lasciavano la campagna per diventare operai al nord. I figli degli uni e degli altri aspiravano a diventare insegnanti perché avevano un discreto stipendio e un'alta considerazione sociale. Oggi gli insegnanti non hanno né l'una né l'altra cosa. Purtroppo l'insegnamento è l'unica industria del sud (ora anche del nord) per cui è meglio fare l'insegnante che il disoccupato!*
* Vocati e missionari a parte...

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Messaggio Da Ospite Ven Gen 04, 2019 10:52 am

paniscus_2.1 ha scritto:
giobbe ha scritto:Siamo i peggio pagati d'Europa, ma non siamo certo i peggiori. E pure quando gli insegnanti in famiglia sono due, se ci sono figli, la frustrazione raddoppia perché è triste dover girare tutta la vita con una auto utilitaria semiscassata

Da questo punto di vista, francamente, mi sento vaccinatissima ed è altrettanto vaccinata tutta la mia famiglia, dal momento che siamo sempre stati molto chiari sull'avversione assoluta al consumismo come status symbol (soprattutto, al consumismo di stampo automobilistico e/o digitale).

E' verissimo che io vado in giro con un'utilitaria vecchia e semiscassata (anzi, ci vado in giro anche il meno possibile, perché in città mi muovo felicemente senza)... ma il punto è che andrei in giro con quella ugualmente, ANCHE se guadagnassi il doppio, perché considero l'automobile esclusivamente come un banale strumento tecnico, e non come un oggetto di compiacimento esibizionistico o come un simbolo sociale.

E dal punto di vista etico verso l'ambiente, considero un vero e proprio crimine cambiare automobile spesso, anche quando quella vecchia funziona ancora bene, indipendentemente da quanti soldi si hanno; e quindi mi sarei comunque tenuta quella vecchia per più anni possibile, anche se avessi avuto a disposizione molti più soldi.

Semmai li spenderei per altro, di più interessante, ma non certo per comprarmi la macchina più bella in quanto tale: non ci trovo assolutamente nulla di triste o di frustrante, ad andare in giro con quella modesta, che funziona bene lo stesso.

Pensare di doversi vergognare davanti ai propri figli per il fatto di non avere la macchina abbastanza ganza, è veramente tristissimo.

Ma dal punto di vista etico ed educativo, NON economico.
Da te mi aspettavo un discorso più ampio che non una disquisizione automotive.

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Messaggio Da paniscus_2.1 Ven Gen 04, 2019 11:01 am

giobbe ha scritto: Preciso che lo fa "secondo legge", altrimenti qualcun altro me lo puntualizza subito.

E infatti avrebbe stufato anche questa storia secondo cui... qualsiasi cosa sia formalmente legale (o venga dichiarata legale per un soffio, passando attraverso il cavillo più improbabile di un ricorso pretestuoso) debba essere anche considerata sempre eticamente corretta, a prescindere, e guai a chi la critica.

Ad esempio, indubbiamente i permessi per la legge 104 sono legali, non c'è niente da dire.

Poi viene fuori che la vecchietta novantenne di una cittadina di provincia del sud, che esiste davvero, che gli acciacchi ce li ha davvero, e che però vive in casa con la figlia casalinga e il genero pensionato, sessantenni e attivissimi, che già la aiutano regolarmente tutti i giorni, e che nello stesso paese ha altri due o tre figli in gamba e cinque o sei nipoti giovani disposti ad aiutare con gli accompagnamenti qua e là... e di tutti i suoi familiari, l'unico che dichiara di essere in carico personale dell'assistenza della nonna e di aver bisogno assoluto dei permessi per la 104, è l'unico nipote che abita in una provincia lontana, e che è appena passato di ruolo nella scuola pubblica (e che prima di prendere il ruolo non si era mai occupato attivamente dell'assistenza alla nonna, perché magari abitava lontano anche prima). La procedura sarà pure "legale", ma è eticamente corretta? Oppure, le famiglie che fanno ricorso contro le bocciature, e che di fronte a un quadro documentato di insufficienze gravi e diffuse in quasi tutte le materie, si attaccano al cavillo della possibilità di un insignificante vizio di forma su un documento che non mette affatto in dubbio il quadro generale del giudizio, eppure ci provano lo stesso. Anche questo è perfettamente legale, ma vogliamo avere il coraggio di dire che è un comportamento da sTr*nXi?

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Messaggio Da paniscus_2.1 Ven Gen 04, 2019 11:13 am

giobbe ha scritto:Da te mi aspettavo un discorso più ampio che non una disquisizione automotive.

Il fatto è che quando sento rivangare il luogo comune sull'automobile come status-symbol, descritto come una percezione ovvia che debba essere necessariamente condivisa da tutti (e quindi sullo stigma sociale di possedere un'auto modesta, in quanto condizione da pezzenti) mi irrito, tutto qui.

Esistono anche persone alle quali non frega nulla della macchina in quanto oggetto sociale simbolico, e che la considerano solo una scatola nella quale si entra e si esce per spostarsi da un luogo all'altro. E che rifiutano l'idea di doversi giustificare con i propri figli (o addirittura, vergognarsi davanti a loro) per una cosa del genere.

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Messaggio Da Ospite Ven Gen 04, 2019 11:54 am

paniscus_2.1 ha scritto:
giobbe ha scritto:Da te mi aspettavo un discorso più ampio che non una disquisizione automotive.

Il fatto è che quando sento rivangare il luogo comune sull'automobile come status-symbol, descritto come una percezione ovvia che debba essere necessariamente condivisa da tutti (e quindi sullo stigma sociale di possedere un'auto modesta, in quanto condizione da pezzenti) mi irrito, tutto qui.

Esistono anche persone alle quali non frega nulla della macchina in quanto oggetto sociale simbolico, e che la considerano solo una scatola nella quale si entra e si esce per spostarsi da un luogo all'altro. E che rifiutano l'idea di doversi giustificare con i propri figli (o addirittura, vergognarsi davanti a loro) per una cosa del genere.
Quando frequentavo le elementari, fine anni '50, c'era la miseria diffusa. I maestri (50%) e le maestre, malcelatamente, aiutavano psicologicamente noi alunni asserendo che non era importante vestire alla moda, che si poteva benissimo frequentare la scuola anche con i vestiti rattoppati, purché puliti. Ciò nonostante la differenza socio-economica era evidente, e non tutti se ne sbattevano!
Vestire con abiti rattoppati ma puliti, magiare solo cibi a basso costo ma scelti scientemente, avere l'utilitaria per tutta la famiglia sempre dal meccanico, non poter andare in vacanza per più di una settimana, non pregiudicano l'esistenza ma ti mettono al di sotto degli operatori ecologici (netturbini) del mio paese, che prendono uno stipendio più alto di quello di un insegnante di scuola primaria. A meno che i soldi, nella vita, sono l'ultima cosa...basta la salute e la missione in cui si crede. L'esempio dell'auto va visto come metafora in un discorso molto più ampio.

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Non rispetti la scuola se non rispetti i suoi insegnanti. Empty Re: Non rispetti la scuola se non rispetti i suoi insegnanti.

Messaggio Da Scuola70 Ven Gen 04, 2019 1:20 pm

In un numero non trascurabile di casi però non si tratta di alunni educati e gli stessi alunni "maltrattati" hanno loro per primi maltrattato verbalmente insegnanti o anche personale ATA, non è forse vero anche questo?

Scuola70

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