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Messaggio Da Dec Sab Apr 11, 2015 12:27 am

MMM ha scritto:
Dec ha scritto:
MMM ha scritto:
ghirettina ha scritto:
MMM ha scritto:
ghirettina ha scritto:
udl ha scritto:
Ora, da quando c’è “l’autonomia” nelle scuole il risultato mi sembra che sia nel posizionare l’asticella sempre più in basso: nella scuola in cui insegnavo 4 anni fa il giorno degli scrutini finali il preside si è seduto fra di noi, ed arrivati ad uno studente che per tutto l’anno non solo non aveva fatto niente ma ci aveva preso per i fondelli tutto l’anno, ha detto, testuali parole: “se questo ragazzo non passa a mezzanotte siamo ancora qui, e ci ritroviamo domani mattina alle 8 e andiamo avanti ancora fino a mezzanotte…). Ovviamente gli scrutini due minuti dopo erano terminati…

Se i muretti sono bassi anche i nani sembrano giganti....

Mi spiace ma questo da te indicato non è un problema del dirigente, ma dei docenti che dovevano saper sostenere la loro posizione anche sotto la pressione di un infinito scrutinio.

Ovvio che poi possiamo valutare questa circostanza, neppure tanto rara, tenendo d'occhio la facilità con cui ad un potere dato si avvinghia facilamente il suo sconfinare. Tuttavia, al momento, la posizione di debolezza degli insegnanti favorisce queste derive. Domani ove questo potere fosse loro dato certamente gli scrutini saranno superflui per far in modo che la soddisfazione del cliente non venga meno, ma ancora non è.


Ho partecipato a scrutini dall'esito ancor più clamoramoso (di cui, tra l'altro, ho parlato su questo forum) per non sapere a quali risultati (al limite dell'abuso d'ufficio e forse oltre) possa portare la pressione dei ds, ma soprattutto la disponibilità dei docenti ad accettare di barattare il rigore professionale per il "quieto vivere", tenuto conto che i docenti in uno scrutinio hanno sempre la possibilità di far valere il proprio giudizio con il voto in un'assemblea in cui evidentemente sono sempre in maggioranza rispetto al ds e continueranno ad esserlo anche se questo ddl dovesse essere approvato. (Naturalmente, per preservare la mia integrità ho dovuto subire qualche pesante maltrattamento verbale da parte del ds - sotto gli occhi di colleghi impassibili e non esattamente solidali - ma il mio dovere professionale l'ho fatto. E non mi salta nemmeno per la testa di biasimare il ds, he giustamente mette alla prova in ogni modo possibile la solidità del giudizio dei docenti).

Lei è perfetto per la scuola che verrà.

Mai contraddire il capo, farsi anche maltrattare senza mai riporre la fiducia cieca nel capo. Tutto ciò che il capo fa lo fa per il nostro bene.

Ti assicuro che quelli che non hanno contraddetto il capo non hanno subito alcun maltrattamento. Ci sono invece stati quelli che hanno "rivisto" il loro giudizio professionale solo per timore di essere maltrattati. Secondo te, chi è qui che non ha fatto il proprio dovere professionale? Il ds o i docenti?

Entrambi. Solo che uno ha approfittato della propria posizione di forza per spingere gli altri a non fare il proprio dovere professionale e mi sembra evidente che la sua responsabilità è più grave.

In che modo avrebbe mai pouto il ds "spingere [i docenti] a non fare il proprio dovere"? Nemmeno con le minacce, che rappresentano comunque un reato penale e - come evidenziato dalla sentenza 21/2010 della quinta sezione penale della Corte di Cassazione - non serve che il ds si spinga molto in là con le parole perché si configuri questa fattispecie. (E voglio vedere quanto lontano va un ds che comincia ad accumulare reati nel proprio casellario penale). Il fatto è che è bastato che il ds si inquietasse ed alzasse un po' la voce perché buona parte dei docenti "rivedesse il proprio giudizio" o "non facesse il proprio dovere", a seconda dei punti di vista. E se basta questo a far cambiare un giudizio professionale, il problema sta principalmente da una parte.

Sei tu che hai parlato di pesanti maltrattamenti verbali. Io non posso sapere quali espressioni abbia usato con te questo specifico Ds, anche se ho un'idea delle tecniche di persuasione che alcuni di loro adottano e che sono raccontate anche da altri nel forum. Io resto dell'idea che non sia lecito maltrattare nemmeno verbalmente chi sta facendo semplicemente il suo dovere e fino a prova contraria non ha compiuto alcun reato. Il Ds non ha bisogno di minacciare esplicitamente nessuno, perché sa bene di avere un grande potere sui docenti (e anche i docenti lo sanno) e questo potere verrebbe ulteriormente aumentato nel caso il DDL venisse approvato. Peraltro non ho mai sentito che nemmeno i Ds più rozzi, che non sono capaci di dire e non dire ma si abbandonano a minacce esplicite, siano stati condannati in sede penale per minacce, anche perché dirò sicuramente un'eresia in termini giuridici ma temo che il docente che riferisse in modo dettagliato ciò che è avvenuto durante uno scrutinio rischierebbe a sua volta un provvedimento disciplinare per violazione del segreto d'ufficio. Al massimo, quando va proprio bene, vengono trasferiti da una scuola all'altra (ma devono averne combinate davvero tante); a volte vengono perfino promossi, se hanno conoscenze potenti. Questa è la meritocrazia all'italiana che il DDL vorrebbe rafforzare ancora di più. Che proprio tu che hai subito queste pressioni e le hai giustamente denunciate con sdegno nei post di qualche anno fa ora arrivi a giustificarle mi sembra davvero singolare.

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Messaggio Da Ospite Sab Apr 11, 2015 12:28 am

MMM ha scritto:Per quel che riguarda la valutazione dei ds, invece, trovi un accenno abbastanza conclusivo nella mia risposta a gian di ieri (quella che ha avuto difficoltà a digerire, tanto per intenderci).  
Non è colpa mia se il modus operandi di certe utenze mi provocano riflussi gastrici.
Del resto, mi sembra ragionevole che si provi un po' di disgusto ad ingoiare deiezioni generosamente profuse.


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Messaggio Da Perplessa Sab Apr 11, 2015 1:19 pm

gian ha scritto:
Paolo Tuguri ha scritto:

...e la risposta è?

42, I suppose
te l'ha detto Elvis, dillo :-D

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Messaggio Da Ospite Sab Apr 11, 2015 3:01 pm

Perplessa ha scritto:
gian ha scritto:
Paolo Tuguri ha scritto:

...e la risposta è?

42, I suppose
te l'ha detto Elvis, dillo :-D
In realtà non ho letto il libro :-)

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Messaggio Da Perplessa Sab Apr 11, 2015 4:28 pm

gian ha scritto:
Perplessa ha scritto:
gian ha scritto:
Paolo Tuguri ha scritto:

...e la risposta è?

42, I suppose
te l'ha detto Elvis, dillo :-D
In realtà non ho letto il libro :-)
lettura molto più amena del DDL!

Perplessa

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Messaggio Da Ospite Sab Apr 11, 2015 4:31 pm

Perplessa ha scritto:
gian ha scritto:
Perplessa ha scritto:
gian ha scritto:
Paolo Tuguri ha scritto:

...e la risposta è?

42, I suppose
te l'ha detto Elvis, dillo :-D
In realtà non ho letto il libro :-)
lettura molto più amena del DDL!
Non faccio fatica a crederlo :-D

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Messaggio Da Ospite Sab Apr 11, 2015 5:21 pm

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Messaggio Da Ospite Sab Apr 11, 2015 9:45 pm

ufo polemico ha scritto:E' talmente evidente il ragionamento di MMM e altri... se il DS comanda sui professori e se i professori dovranno ubbidire (non obbedire) al DS tutto andrà meglio.
Ma se un professore serio si imbarca in una relazione extraconiugale con la moglie del DS, pensi che riuscirà a farla franca?

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Messaggio Da ghirettina Sab Apr 11, 2015 9:52 pm

gian ha scritto:
ufo polemico ha scritto:E' talmente evidente il ragionamento di MMM e altri... se il DS comanda sui professori e se i professori dovranno ubbidire (non obbedire) al DS tutto andrà meglio.
Ma se un professore serio si imbarca in una relazione extraconiugale con la moglie del DS, pensi che riuscirà a farla franca?

Dipende dal nome della moglie
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Messaggio Da Ospite Sab Apr 11, 2015 10:31 pm

MMM ha scritto:Ci sono solo ds la cui proposta di incarico è stata accettata da un docente e ds che, per un determinato incarico, si vedranno affidati dall'USR un docente. Tutti i docenti sono professionisti qualificati.
Sia più veritiero aggiungendo...." e DS che si vedranno assegnare d'ufficio molti docenti". Quindi questa chiamata diretta soddisfa solo in parte, e non tutti, i DS. Quindi non serve ad un fico secco, specialmente se consideriamo, come considera, che "Tutti i docenti sono professionisti qualificati."
Ma c'è una cosa molto più seria che mi preoccupa. Incomincio a dubitare del suo sano equilibrio mentale. Che fa, ripete le cose che ho detto io facendole passare per sue considerazioni?
MMM ha scritto:...(parli come se non conoscessi il sistema di valutazione dei ds elaborato dall'INVALSI - eppure è un documento fondamentale che è necessario conoscere se si vuole discutere seriamente di queste questioni; altrimenti son solo parole buttate lì tanto per dire).
Già ho espresso la mia opinione sulle valutazioni dell'Invalsi. Io mi sono dedicato ad una lettura pregressa molto più significativa ed asaustiva:
Bloom Allan, La chiusura dela mente americana. I misfatti dell'istruzione contemporanea;
Mangoni Fabrizio, La costruzione dei sistemi culturali territoriali;
Nuzzaci A., Grange T., Qualità, ricerca, didattica. Quale sistema europeo per l'istruzione superiore?
Scola Angelo, Let's Not Forget God: Freedom of Faith, Culture, and Politics;
Nelli Roberto P., La teoria della comunicazione aziendale e la sua evoluzione: la scuola anglosassone.
Legga, legga, poi ne parliamo.

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Messaggio Da Francesca4 Dom Apr 12, 2015 2:37 am

MMM ha scritto:
In conclusione, il ds non possiede mezzi coercitivi per forzare un docente a venir meno al proprio dovere professionale. Se il ds minaccia andrebbe denunciato, mentre assecondare un ds dall'atteggiamento dispotico è una forma di connivenza da parte del docente che, nel consentire a quel tipo di atteggiamento di avere successo ne incoraggia di fatto la ripetizione e, da ultimo, danneggia l'istituzione nel suo complesso. E' un po' perverso lanciare accuse generalizzate contro il dispotismo o la tirannia dei ds, quando forse il problema è invece la passività dei docenti.

Non sai quante volte, su questo forum sono arrivata alla tua stessa conclusione, partendo , però da un presupposto diverso, quello relativo alla libertà di insegnamento: ribadendo  che si tratta innanzitutto di una libertà individuale,  e che va difesa sempre, con le unghie e con i denti, da parte di ogni singolo docente.
Se poi si arriva addirittura alla configurazione di una fattispecie penale, è certo che la relativa tutela del diritto violato  deve essere apprestata nelle sedi giudiziarie.
Temo però che l'invito alla reazione contro il sopruso non sia raccolto perché evidentemente o non si conoscono i propri diritti o, peggio ancora, si fa finta di non conoscerli ,assumendo un atteggiamento rinunciatario a priori.
Ebbene, se l'ignavia  è l'atteggiamento di alcuni, ben meritano, costoro, i presidi che essi stessi prefigurano!

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Messaggio Da Dec Dom Apr 12, 2015 11:57 am

MMM ha scritto:Se ddl dovesse servire anche a far prendere coscienza ai docenti dei mezzi a loro disposizione per difendere la propria dignità professionale, tanto di guadagnato per tutti.

Ma sappiamo tutti benissimo che non sarà così. Seguendo la tua logica (so che estremizzo un po'), se c'è il racket non è colpa dei mafiosi ma dei commercianti e degli imprenditori che non denunciano. Non sarò certo io a difendere la passività e l'ignavia di certi consigli di classe e so bene che, se i colleghi fossero uniti (e non lo sono quasi mai), qualunque Ds, per quanto squilibrato e prepotente, potrebbe essere rimesso al suo posto. Tuttavia mi sfugge perché il ruolo del Ds dovrebbe essere quello di maltrattare i docenti e perché questi ultimi dovrebbero essere votati al martirio, stretti tra studenti, genitori iperprotettivi che minacciano denunce e ricorsi e Ds di questo tipo. E' evidente che anche loro sono umani e pensano che, se tutti fanno così e vogliono questo, è inutile fare gli eroi e complicarsi la vita senza ottenere nulla in cambio (se proprio va bene, ma succede raramente, la bocciatura di uno studente che non merita la promozione, come se fosse un fatto personale tra noi e loro). Poi c'è chi lo fa con rassegnazione e vergogna e chi quasi si compiace del suo servilismo, per mostrare di essere i più amati dal Ds e dagli studenti e, dopo l'approvazione del DDL, per fare carriera e ottenere il fantastico aumento di stipendio per il merito. Che questo danneggi l'istituzione è evidente a chiunque, ma se non importa a chi ha o dovrebbe avere la massima responsabilità (a cominciare da chi lavora al ministero, per scendere agli Usr, agli At e infine a questi splendidi Ds) non mi sento di biasimare quei colleghi che si chiedono perché dovrebbe importare a loro.
Quanto alla sentenza della Cassazione che riporti, una rondine non fa primavera e non sappiamo bene come si siano svolti i fatti e quali siano state le minacce del Ds in questione. Quanti altri casi ci sono stati che sono finiti in modo diverso, solo perché magari il Ds è stato più accorto nell'usare certe espressioni, ma si è fatto capire benissimo lo stesso? Per riprendere l'esempio del mafioso, come vediamo nei film, non ha affatto bisogno di dire apertamente che ucciderà o brucerà il negozio di chi osa ribellarsi, tanto in una certa comunità lo sanno tutti cosa significano certi sguardi, certe allusioni, certe mezze parole. Ci mancherebbe solo che una legge dello stato consentisse ai mafiosi di uccidere e bruciare i negozi (purché sappiano adeguatamente motivarlo, naturalmente) e che rimanesse in piedi solo il reato di minaccia per tutelare le vittime.

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Messaggio Da Ospite Dom Apr 12, 2015 1:36 pm

Al di là delle strumentali, ma molto significative, dichiarazioni dell’ex Ministro dell’Istruzione Gelmini (“Il patto educativo di Renzi raccoglie e realizza le proposte di cambiamento della scuola portate avanti da Forza Italia”), e dell’ex sottosegretario berlusconiano Aprea (“le proposte di Renzi sono una riproposizione del mio progetto”), la “BUONA SCUOLA” renziana rappresenta a tutti gli effetti il punto di arrivo di decenni di tentativi di trasformare la scuola pubblica italiana in un’azienda funzionale alle esigenze delle imprese e del mercato. La “buona scuola”, di cui si stanno gettando le fondamenta, non deve più formare i cittadini (se non a parole), non deve più offrire gli strumenti culturali per decodificare la realtà, e nemmeno stimolare la crescita del pensiero critico, che sta alla base delle possibilità di autodeterminazione e di emancipazione individuale e collettiva. La nuova scuola italiana deve rottamare il passato; deve essere più moderna, flessibile, meritocratica (nuovo mantra salvifico e rigenerante) e deve stare al passo con le sfide che il dinamico sistema economico capitalistico costantemente propone. Chi si ferma è perduto. Per questo occorre cambiare la scuola e per questo il governo si appresta a varare l’ennesima riforma scolastica (la quarta in poco più di dieci anni - unico paese al mondo che può vantare tale primato). Per completare la trasformazione della scuola italiana secondo il modello aziendale, Renzi ha avuto una trovata geniale: in una fase storica caratterizzata da disoccupazione giovanile di massa, l’ex sindaco di Firenze afferma che il sistema scolastico del futuro dovrà fondarsi sul lavoro. Giù il cappello; siamo in presenza di una trovata propagandistica degna del miglior Berlusconi. Chi, infatti, non vorrebbe al termine del proprio percorso di formazione trovare un’occupazione affine ai propri studi? Chi in carenza di risorse non è disposto a salutare positivamente l’ingresso di capitali privati nella scuola pubblica? Chi non reputa utile sacrificare alcune ore di italiano, latino, storia, filosofia o letteratura, in cambio di discipline come informatica o inglese? Chi non giudica una grande opportunità alternare ore di studio con ore di lavoro - apprendimento presso imprese, in cui magari un domani trovare un posto di lavoro?
Praticamente quasi nessuno, se non i nostalgici di una paideia classica, oggi per lo più riservata ai soli figli della medio - alta borghesia, che aspirano (o che sono indotti ad aspirare) a diventare futura classe dirigente. Chi, infatti, dopo essere stato affamato e disidratato per anni, sceglierebbe di passare del tempo in biblioteca, al cinema o a teatro, anziché mangiare e bere una succulenta ciotola di pane e acqua?
L’impoverimento, generato dalla lunga crisi sociale e economica che stiamo vivendo, ha tolto agli studenti le aspirazioni ad avere un futuro migliore di quello che hanno sognato i loro genitori. Il realismo si è tramutato in pessimismo, e le lotte di solidarietà per avere più torte da mangiare si sono tramutate in ciniche competizioni per accaparrarsi l’ultima fetta disponibile. Pertanto basta con la vecchia scuola figlia del ’68 (ideologicamente deformata e attaccata un giorno sì e l’altro anche dalle colonne del Corriere della sera,  La stampa e la Repubblica): ma quale democrazia e partecipazione, ma quale egualitarismo e solidarietà, ma quale fantasia e creatività, ma quale contrattazione sindacale, ma quale centralità degli organi collegiali! I tempi sono cambiati: servono più disciplina, più potere decisionale nelle mani dei dirigenti scolastici, più privato e meno pubblico, meno libri cartacei e più tecnologia (da sempre la panacea di ogni problema, il vero motore di ogni modernità).
Serve una scuola al passo con i tempi, serve una buona scuola che prepari gli studenti al futuro che li attende; così i ragazzi e le ragazze saranno pronti ad entrare in un mercato del lavoro flessibile, in continuo mutamento, che richiede soggetti pronti a cavalcarlo, pronti a vivere in un mondo in cui prima vengono i doveri e poi i diritti, in cui prima si è consumatori e poi cittadini.
La buona scuola renziana è quella che ti prepara al mondo del lavoro di oggi!
Cioè poco lavoro, precario, sottopagato e per lo più poco qualificato. La classe dirigente nostrana, nonostante menta continuamente e consapevolmente, sa che il vero problema dell’Italia non è la mancanza di flessibilità, bensì la scarsa necessità di lavoro qualificato e specializzato.
Il nostro Paese ha perso e sta perdendo tutti i poli industriali e di ricerca di qualità. In questo contesto, legare la scuola al lavoro significa in realtà offrire manodopera manuale e intellettuale sottopagata alle imprese già in età scolastica!
Nella proposta Renzi non si parla più, per gli istituti tecnici e professionali, di stage lavorativi (fondamentali in un percorso di formazione), ma si parla di 200 (!!!!) ore curriculari, in gran parte sottratte ad altre discipline, da svolgere in un luogo di lavoro. Questa non è più una scuola che affonda le proprie radici nell’istruzione, ma sullo sfruttamento del lavoro e sulle differenze di classe.
La scuola della repubblica, è bene ribadirlo, non si fonda sul lavoro, ma sul diritto allo studio e al sapere (scientifico e umanistico), promuovendo i diritti di cittadinanza, la crescita personale di ogni individuo, la mobilità sociale e la costruzione di una comunità solidale.
Per non essere fraintesi: non vi è nessun età dell’oro della scuola di cui avere grande nostalgia. Il sistema scolastico italiano, come la maggior parte di quelli europei, è sempre stato, nel suo complesso, uno strumento di riproduzione dello status quo, delle differenze di classe, ma aveva formalmente (e speriamo continui ad avere) un impianto fortemente democratico e universalista, figlio della Costituzione nata dalla Resistenza e dei grandi cicli di lotte del movimento studentesco, operaio e femminista. Ciò che ora Renzi vuole fare è rompere questa prospettiva costituzionale con un progetto ambizioso, estremamente ideologico e al contempo pragmatico: l’obiettivo è trasformare, nella sostanza e nella forma, la scuola in un’azienda gestita da un preside manager, il quale con i suoi collaboratori, detta le linee politiche della scuola, in accordo con le risorse del territorio, ovvero con gli enti politici (es. Comuni e Regioni) e soprattutto con le imprese private.
Si vuole costruire la scuola della competizione: tra istituti, tra docenti e tra studenti. La competizione è il sale della crescita economica liberista, è il motore del mercato e la scuola non può più essere un dinosauro che promuove, anche solo formalmente, cooperazione, solidarietà, integrazione e orizzontalità.
La scuola deve diventare il volano ideologico e materiale di questo subordinamento della cultura, del sapere e dei diritti alle esigenze totalizzanti del mercato e della crescita capitalistica, la quale nel sud Europa è sempre più difficile, sempre più lenta e sempre più iniqua.
Per cambiare in modo così profondo la scuola pubblica servono degli strumenti operativi, e la Riforma renziana ne individua due su tutti: la possibilità di valutare il merito degli insegnanti e far entrare i capitali privati all’interno della scuole.
E’ questo il cuore pulsante della Buona Scuola di Renzi, il quale, ben consapevole della portata di tale proposta, chiede agli insegnati e ai sindacati un vero e proprio patto: da un lato l’esecutivo offre la stabilizzazione di 150.000 docenti abilitati inseriti nelle Gae (graduatorie ed esaurimento), che da anni svolgono supplenze annuali, permettendo il regolare funzionamento della scuola, dall’altro il governo chiede l’accettazione di un sistema di valutazione del merito degli insegnanti, a cui collegare la carriera e gli aumenti di stipendio, e l’ingresso ufficiale di sponsor privati nella scuola pubblica, con potere di incidere sulle politiche scolastiche.
Anche in questo caso Matteo Renzi e i suoi collaboratori sono più abili e scaltri dei venditori di gelati al Polo Nord. Il governo promette, senza copertura finanziaria accertata, di assumere i 1500.000 docenti tra un anno, mentre propone - impone nell’immediato il blocco degli stipendi e l’accettazione della trasformazione della scuola in un’azienda.
Come dire di no ad un piano di assunzioni così imponente? Poco importa se i nuovi docenti assunti dovranno migrare di provincia in provincia e forse non insegnare la materia in cui si sono specializzati. Poco importa se verranno cancellate le graduatorie d’istituto con i suoi 500.000 insegnanti che svolgono le supplenze brevi. E poco importa se l’assunzione dei precari storici genera l’ennesima guerra tra poveri, in quanto gli abilitati Pas e TFA si sentono esclusi da tale piano di stabilizzazione. Di fronte a questa svolta politica il governo è sicuro di trovare il consenso necessario per procedere. Ancora una volta la strate gia del divide et impera darà i suoi frutti.
Probabilmente sarà così. Il corpo docenti è stanco, diviso e stremato da decenni di riforme, salari bassi, precarietà e innalzamento dell’età pensionabile. Inoltre come non brindare, nonostante gli incancellabili torti subiti, all’assunzione di decine di migliaia di insegnanti, dopo interminabili anni di precarietà?
Renzi e i suoi collaboratori hanno cucinato una polpetta avvelenata a cui sembra difficile dire di no.
Ed è proprio sulla questione delle 150.000 assunzioni che occorre fare chiarezza. Va, infatti, ricordato che il governo italiano si trova costretto a stabilizzare entro il 2015 tali docenti, in quanto la Corte di Giustizia Europea ha richiamato l’Italia per abuso di contratti a tempo determinato superiore ai 36 mesi all’interno della pubblica amministrazione e sta per sta per infliggere una multa salata; per anni il Miur ha assunto in maniera reiterata, ma indebita, decine di migliaia di unti dal Miur a settembre per poi licenziarli, in modo che lo Stato possa non retribuire due mensilità e possa assumere sempre con un contratto di inizio carriera con paga minima. Siamo in presenza, ancora una volta, di un genio della comunicazione o forse di una popolazione perlomeno stanca e distratta?
Ricapitoliamo. Renzi, in cambio di assunzioni dovute e tardive, chiede che finalmente si possa valutare il lavoro degli insegnanti. In cambio di lavoro stabile chiede agli insegnati di far crollare l’ultimo tabù della scuola: valutare chi valuta!
Ma di cosa si tratta?
Proviamo, scusate il gioco di parole, ad entrare nel merito.
Secondo il governo per migliorare la scuola serve valutare i docenti. Il merito degli insegnanti è veramente il problema che affligge la scuola italiana? Il governo ha provato a consultare a tal proposito gli studenti e i genitori?
La tanto sbandierata questione della valutazione è, in realtà, un falso problema; è il classico dito che nasconde la luna. La questione del merito serve a spostare l’attenzione dai veri problemi della scuola (classi sovraffollate, salari bassi, mancanza di laboratori, edifici non a norma di sicurezza, palestre obsolete, insegnanti in cattedra sino a 68 e 65 anni!) e a soddisfare la pancia dell’opinione pubblica che vede nei lavoratori statali dei privilegiati, mai licenziabili, mai valutabili, con troppe ferie, nullafacenti.
Gli insegnanti, infatti, non temono di essere valutati, ma respingono la valutazione come premio ad azioni servili nei confronti dei dirigenti scolastici e dei loro collaboratori. In cosa consiste, infatti, il merito per i novelli riformatori? Questi ultimi dichiarano di voler “cominciare a considerare gli insegnanti finalmente come persone e come professionisti disposti ad assumersi impegni diversi”, contro il “grigiore dei trattamenti indifferenziati” e di “competizione al ribasso”.
Secondo le indicazioni della riforma, bisognerà valutare la qualità dell’insegnamento in classe e la capacità di migliorare il livello di apprendimento degli studenti. In realtà si tratta di elementi difficili da misurare e se la riforma intende farlo attraverso le prove INVALSI non potrà che raccogliere informazioni fuorvianti. Difatti non rileverebbe i livelli di miglioramento (non esiste un test sulle condizioni di ingresso) né terrebbe in considerazione il contesto socio economico e culturale degli allievi né quello territoriale. Inoltre si vorrebbe premiare “l’attività di ricerca e la produzione scientifica che alcuni intendono promuovere”: un buon insegnante dunque dovrebbe pubblicare articoli e libri?
Infine, chi fornirà la valutazione? Il documento fa cenno ad una commissione composta da tre persone: il dirigente, un’altra persona interna all’istituto ed un esterno. Il portfolio del docente verrà vagliato dal Nucleo di Valutazione interno di ogni scuola, a cui parteciperà anche un membro esterno (Chi? Un genitore? Colui che dona dei soldi alla scuola? Un vip? Un imprenditore del territorio? E perché non una casalinga o un operaio?). La verità è che verrà premiato chi più asseconderà tutte le richieste del dirigente scolastico. Il servilismo verrà a coincidere con il merito.
Inoltre, si stabilisce per legge che solo il 66% sarà meritevole e dunque premiabile con un aumento di stipendio deciso dal governo.
A priori si sancisce una differenza salariale, che permette allo stato di risparmiare e di dividere gli insegnanti in buoni e cattivi?
E per i non meritevoli?
Niente aumento e ci mancherebbe, non sono dei bravi insegnanti e peccato per gli studenti che dovranno averli come docenti (perché una famiglia dovrebbe avere un non meritevole? A meno che la prevista pubblicazione on-line del profilo di ogni professore non permetta in futuro alla famiglia—cliente di comprarsi il docente-prodotto che preferisce; siamo o non siamo in una società di mercato?)
Ecco che la scuola azienda-gerarchizzata prende forma.
La scuola dei sommersi e dei salvati.
Se si volesse veramente valutare il merito degli insegnanti perché non si inizia con il premiare già da ora i docenti che operano in situazioni chiaramente disagiate: classi sovraffollate, periferie e zone degradate, mancanza di sussidi informatici?
La verità è che il merito serve ad affamare ancora di più la bestia, in modo che essa diventi ancor più debole, ricattabile e dunque obbediente. Collegare gli aumenti di stipendio ad un meccanismo così clientelare significa innescare una guerra tra poveri, tra piccole mediocrità, che peggiorerà il clima all’interno delle scuole, peggiorandone i processi di apprendimento e di crescita degli studenti. Fare della scuola un luogo di competizione è il modo migliore per farla ammalare e morire, per poi spolparla e venderne in seguito i pezzi sul mercato, dove qualcuno, a poco prezzo, la comprerà e, dopo averla privatizzata del tutto, ne rivenderà i servizi alla Stato.
Da bene comune di tutti, a bene privato per alcuni: il gioco è fatto.
(di Matteo Saudino)

Stavolta, però, sarà il primo cittadino della Repubblica ad ascoltare gli insegnanti: il presidente Sergio Mattarella. Perché ad oggi, in soli pochi giorni, hanno superato quota cinquantatremila nella raccolta firme su change.org, petizione relativa a un punto preciso del Ddl scuola in discussione in Parlamento. Quello che sostengono gli insegnanti è che conferire al Dirigente Scolastico il potere di scelta dei docenti, istituendo albi regionali che di fatto li precarizzano, violerebbe non solo i diritti acquisiti di quei docenti, ma anche l’articolo 33 della Costituzione, secondo il quale “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. La libertà d’insegnamento, infatti, implica un’autonomia didattica e metodologica che non potrebbe essere più garantita nel momento in cui, come pretende la Riforma, si aumentasse la discrezionalità del Dirigente Scolastico fino al punto di consentirgli la selezione della sua “squadra”, scegliendo un docente rispetto a un altro in base a criteri meramente soggettivi».
La petizione lanciata dalla pagina Facebook “La vera scuola gessetti rotti”, che raccoglie 11 gruppi di docenti (parliamo di centinaia di migliaia), viaggia a una media negli ultimi tre giorni di 11000 firme ogni 24. Un vero e proprio record.
Ho riportato un bellsisimo articolo di Saudino, che sicuramente meglio di me ha saputo dare forma a tutte le considerazioni che sono anche mie. Questo perché, contrariamente a MMM , ho una visione globale, che è il frutto di una vita trascorsa nella scuola. Un'esperienza sul campo che soverchia qualsiasi trattato teorico.
Il teorema: "se il DS chiama i suoi docenti la scuola sarà SICURAMENTE migliore di adesso" è quanto di più falso si possa affermare.


Ultima modifica di giobbe il Dom Apr 12, 2015 2:00 pm - modificato 1 volta.

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