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Messaggio Da macro Ven Gen 10, 2020 9:47 pm

[quote="herman il lattoniere"]Non concordo minimamente con il tuo intervento, Macro, che praticamente assegna alla scuola un ruolo di chioccia o di agenzia di servizi sociali che, a mio avviso, non le compete proprio, come non compete al docente di trasformarsi in psicologo, assistente sociale, sociologo eccetera. Né apprezzo molto la retorica donmilaniana delle parti uguali tra diseguali: meglio dare un tozzo di pane sia al sazio che al digiuno che trascurare, come avviene, la maggioranza degli alunni per pratiche personalizzate improvvisate da insegnanti missionari. Se fossimo di fronte a un 10% o a un 20% della popolazione scolastica che viene respinta dalla scuola troppo selettiva come quella del passato (che non era così selettiva e terribile come la si dipinge, se ha permesso a intere generazioni di alfabetizzarsi e riempire licei e università) allora potremmo anche dire che sì, è vero, bisogna fare di più per quel 10-20%. Ma la realtà è che ci troviamo di fronte a una generazione, quella nata dopo il 2000, o forse dopo il 2005, che mostra evidenti segni di una minore vivacità cognitiva della precedente. E allora per carità, lavoriamo per recuperare gli alunni con disturbo specifico dell'apprendimento o con problematiche socioeconomiche riconosciute come BES, lavoriamo sui "casi" come si fa da sempre, ma va fatto un ragionamento sul perché il numero dei "casi" è così cresciuto, anche in fette di popolazione non toccate dal disagio sociale od economico o da problemi di apprendimento. Come altri penso che non sia solo colpa del mutamento del contesto familiare, mediatico, tecnologico, culturale e sociale, ma anche della scuola stessa che ha abbandonato alcune buone pratiche del passato per inseguire una falsa inclusione che, al contrario, lascia tutti dove sono partiti in quanto a condizioni socio-economiche familiari. La scuola come la vedi tu è quella scuola dove: non si può più insegnare il corsivo, perché qualcuno non ce la fa; non si può insistere sulle tabelline, perché tanto c'è la calcolatrice; non si può fare il dettato, o schemi alla lavagna, perché ci sono gli alunni con DSA; non si può interrogare, perché l'interrogazione stressa l'equilibrio psicofisico dell'alunno; non si possono fare i riassunti, perché il loro livello cognitivo non glielo permette (invece, stranamente, trent'anni fa ci riuscivano tutti); non si può chiedere la correttezza ortografica, perché conta il contenuto; non si può mettere un brutto voto, perché chissà che situazione ha dietro l'alunno e così via. In definitiva una scuola che, per mettere l'alunno al centro, e non i saperi, per evitargli sfide e frustrazioni, per metterlo sotto una teca di cristallo, gli prepara una pappa pronta di anno in anno più pronta, con conseguente progressiva, lenta, inesorabile atrofizzazione delle capacità didattiche e cognitive. Complice un certo taglio pedagogico sospinto dal ministero, a scuola si vanno affermando le modalità accudenti a scapito di quelle didattiche ed educative, e molti sedicenti esperti di educazione mettono in dubbio l'utilità di conoscere una tabellina, saper fare un calcolo, conoscere i fiumi del Trentino, aver studiato una poesia a memoria e così via. In pratica stiamo costruendo una generazione di ignoranti, facilmente manipolabili e non proprio sveglissimi. Di fronte a una realtà sociale, economica, lavorativa più complessa che nel passato stiamo via via privando una generazione degli strumenti conoscitivi ed operativi per far fronte a questa complessità.
Ma l'importante è che l'insegnante si senta in colpa per aver messo un'insufficienza, paragonandolo a un istruttore di nuoto nazista che butti a mare i bambini: è lui ad essere inadeguato, giammai l'alunno che non ha voglia di studiare.[/quote]

Mi attribuisci cose che non mi appartengono; d'altra parte ci conosciamo solo frequentandoci in questo posto.

Intanto io a scuola chiedo tutte quelle cose che a tuo avviso sembrerebbe non si possono chiedere.
Sono persona sicuramente esigente. E' certo che però mi domando spesso se in certe occasioni è il caso di esserlo o meno. Il problema è tutto lì.
Essere esigenti a prescindere o abilitarsi nell'arte del distinguo? Discernere è sicuramente apprezzabile, ma chi discerne su cose inutilissime viene evitato.
Comunque non manco di discernere.
Sicuramente non mi va che la scuola sia lì a decidere chi sì e chi no. Qualcuno nel passato l'aveva messa lì per quello. Una società in crescita ha bisogno anche di cercatori di teste.
La scuola attuale sta andando ancora in questo senso. E' la scuola delle presunte competenze, fortemente voluta dall' "asset europeo"...
Probabilmente non ti interessa questa riedizione della scuola selezionatrice: troppo velleitaria.
Nel lasso di tempo che individua le due scuole esigenti, si è imposta la scuola buonista. Mi va bene? Ma proprio no. O solo in parte.
Sono d'accordo con l'idea che si debba essere rispettosi dell'utenza (mi viene l'orticaria a sentire "inclusione"), ma la scuola che ha preso in mano questa missione non è stata all'altezza.
E infatti, così come l'operato della scuola selezionatrice non è stato all'altezza (capire chi è bravo o meno non è difficile, ma purtroppo non si era ben capito neanche in cosa doveva essere bravo), la scuola "inclusiva" ante litteram (dell'inclusione vera e propria se ne parla infatti solo dal 2012/13) si è fatta problemi solo nel verso del politicamente corretto. Disastro!
Intendiamoci, la società intorno nel frattempo si muoveva proprio in quel senso. Era lei la mandante.
Dispiace che la retorica donmilaniana sia solo intesa come retorica. Sono comunque convinto, anche perchè è matematico, che non si possa fare parti uguali tra diseguali.
L'impegno della scuola sta oltre la selezione o la non selezione (accoglienza).
E' uno di quei casi in cui " tertium datur".

macro

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Messaggio Da macro Ven Gen 10, 2020 9:50 pm

[quote="franco71"]In questa discussione infinita sono convinto che finchè non ci si doterà di strumenti di analisi scientificamente validi e vincolanti sulla valutazione del sistema scolastico, nessuno proporrà, a livello governativo, per il sistema una terapia seria che presuppone d'altronde una diagnosi seria. L'analisi "sensoriale" basata sulla nostra esperienza professionale è importante ma non sufficiente.[/quote]

Che dire ? Quoto! :-)

macro

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Messaggio Da paniscus_2.1 Ven Gen 10, 2020 10:04 pm

Premettendo che non so niente delle caratteristiche e del livello delle prove invalsi alle elementari e alle medie, posso solo dire che quelle delle superiori, almeno quelle che ho avuto occasione di vedere io, hanno queste inesorabili caratteristiche:

a) sono ridicolmente facili (in matematica, sono stati riproposti agli alunni di quinta gli stessi identici quesiti preparati per quelli di seconda, tranne forse un 10% di improvvisazione in più);

b) pur essendo ridicolmente facili, molti studenti riescono a sbagliarle lo stesso, perché sono del tutto disinteressati a impegnarsi per farli bene, dato che non vengono valutati, non "fanno media" e non pesano sull'esito degli esami. Quindi, vengono visti solo come un pro-forma, come infatti sono davvero, e nessuno crede alla loro potenziale valenza obiettiva, nemmeno dal punto di vista statistico.

Io ricordo benissimo (più come madre che come insegnante) la lunghissima saga della battaglia pro e contro i test invalsi negli ultimi 10 anni. E ricordo perfettamente che, 10 anni fa, la cosa prese piede proprio perché fu fatto un martellamento propagandistico fortissimo sull'opinione pubblica, sul fatto che i test invalsi dovessero servire "a valutare gli insegnanti" (cosa che invece non era prevista affatto) e che finalmente avrebbero svelato la verità su quali fossero, individualmente, gli insegnanti bravi, e quali invece quelli incompetenti, fannulloni e superficiali.

All'epoca, avendo figli piccoli, frequentavo forum a tema di mamme (poi ho smesso, ma ammetto che per un po' l'ho fatto), e ricordo le classiche "cose che voi umani non potete immaginare".

Da una parte, quasi tutti i genitori entusiasti del fatto che finalmente, nella singola scuola frequentata dai loro figli, si sarebbero scoperchiati gli altarini su quale maestra fosse più brava e quale meno...

...però, contemporaneamente, tutti terrorizzati che i loro pupi fossero traumatizzati da prove troppo difficili, nonché, appunto, fuori dal controllo delle maestre stesse, che non avrebbero potuto dare loro gli aiutini che normalmente avrebbero dato di routine nelle verifiche ordinarie!


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Messaggio Da paniscus_2.1 Ven Gen 10, 2020 11:02 pm

[quote="Dolciniano"]Abolire l Invalsi è arrendersi ai nemici della scuola italiana, gli stessi che l hanno coventrizzata ed ambiscono alla produzione di massa di diplomat ignoranti, vuoti consumatori, inconsapevoli cittadini facilmente manipolabili di una repubblica di banane marce di contrabbando.[/quote]

Scusa, non capisco: dici che i test invalsi sono scandalosamente facili, e contemporaneamente dici che sono serissimamente significativi? C'è qualcosa che non torna...

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Messaggio Da sempreconfusa1 Ven Gen 10, 2020 11:02 pm

Chiedo scusa se intervengo solo per questo, ma riprendendo l'ultima frase di lucetta e parafrasando, a questo forum manca il quote funzionante.

Come detto anche da herman (mi pare in questo stesso thread), diventa davvero difficile leggere e seguire certe discussioni, specialmente se lunghe e che si snodano in molte pagine.

Agli utenti chiedo: non potreste tagliare almeno le parti ridondanti, per permettere una lettura più rapida delle vostre risposte, quando quotate?
sempreconfusa1
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Messaggio Da herman il lattoniere Sab Gen 11, 2020 7:47 am

Credo che una delle cose più stupide contenute nel decreto 62 del 2017 sulla valutazione sia stata quella di escludere la valutazione invalsi dal calcolo del voto di uscita dale medie. Con la vecchia normativa i risultati invalsi avevano ben altro peso, sia per studenti e famiglie che per docenti e scuole, e spingevano tutti a impegnarsi per migliorare la situazione, senza le temute liste di proscrizione per i docenti, a partire dalle elementari; inoltre riequilibravano il voto di uscita degli studenti compilativi ma non brillanti (i secchioni), abbassandolo, e di quelli brillanti ma non studiosi (i furbi), alzandolo.
Le medie erano l'unico segmento di scuola in cui l'invalsi aveva un peso sulla valutazione degli alunni e, pertanto, l'unico segmento di scuola in cui l'invalsi non era osteggiato pregiudizialmente dai docenti, che erano costretti a farci i conti, né trattato come un'inutile seccatura, magari da boicottare, da discenti e famiglie.
Il principale problema dell'Invalsi, ieri come oggi, è che seleziona una piccola fetta del complesso di capacità e conoscenze dell'alunno, una fetta in cui la maggior parte delle doti sono innate, non apprese a scuola; l'altro problema è che spinge a una didattica "test oriented", portando i docenti a spendere intere settimane di lezione nel test training. Malgrado questi difetti l'Invalsi, prima della riforma, funzionava benissimo come deterrente contro la leggerezza e l'eccessivo buonismo da parte dei docenti o contro l'utilizzo di metodologie didattiche scarsamente efficaci; inoltre, cosa fondamentale, spostava il focus della scuola dalle metodologie e dalle individualità di insegnanti e alunni ai risultati.
Ma come diceva quel tale, il problema è culturale. L'invalsi, come tutto ciò che si fa a scuola, viene visto con sospetto da alunni, famiglie e dagli stessi insegnanti; l'obiettivo di chi lavora a scuola non è più quello di alfabetizzare le nuove generazioni, ma quello di "sviluppare i talenti dell'alunno", "permettergli di esprimere le proprie potenzialità", "facilitargli l'apprendimento", "favorire il benessere scolastico" e così via, come recitano i mantra della pedagogia ministeriale e 10.000 PTOF delle scuole di tutt'Italia. Cioè siamo tutti passati da una visione sociale del ruolo della scuola intesa come istituzione a una visione individualista, nella quale se Gigino piange per il voto (ormai si piange anche per un 7...) la cosa diventa un grosso problema per l'insegnante, al quale è stato insegnata l'arte del sentirsi in colpa per qualsiasi cosa, compreso il buco nell'ozono o il riscaldamento globale.
No, il nostro lavoro non può essere, come propone Macro, quello di far stare bene a scuola Gigino, di intrattenerlo in modo piacevole per un certo numero di ore mentre i genitori lavorano, di non turbare il suo delicatissimo equilibrio psichico. Il nostro lavoro dovrebbe essere quello di insegnargli qualcosa: ma non per Gigino in sé, ma perché la società ha (o dovrebbe avere) bisogno di futuri cittadini consapevoli e di futuri lavoratori formati in maniera globalmente sufficiente per affrontare la complessità della società attuale e, magari, di usare i propri talenti per contribuire al benessere collettivo.
Se non si cambia la visione della scuola che prevale nella società, e che viene riflessa dalla politica, qualunque riforma continuerà ad andare nella direzione di una disarticolazione della scuola pubblica italiana, di una sempre minore efficacia degli insegnanti e di una feticizzazione dell'individuo-alunno; con contorni di mode pedagogiche d'importazione malamente intese e idolatria della tecnologia.

herman il lattoniere

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